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Lo scandalo “Dieselgate” ha acceso i riflettori sulla possibilità che i test di efficienza possano essere “facilmente” truccati. E, secondo il Guardian, tali margini di “interpretazione” potrebbero essere stati fruiti non solamente dall’industria automotive, quanto anche da quella dell’energia elettrica e, in particolar modo, dai produttori di lampadine alogene, che sulle confezioni avrebbero a volte dichiarato delle prestazioni notevolmente migliori di quelle che in realtà sarebbero state riscontrate.
A dare l’allarme su un nuovo scandalo sono state alcune delle principali associazioni dei consumatori svedesi. La denuncia, chiara e grave, sarebbe che Ikea, Philips, GE e Osram avrebbero dichiarato che le loro lampadine sono molto superiori rispetto alla realtà, in termini di prestazione.
Attenzione, però. Guai a pensare che si tratti di una truffa, visto e considerato che il loro comportamento è del tutto legittimo: la differenza tra i valori reali e quelli dichiarati è infatti possibile grazie a una regola che ammette una tolleranza del 10% nei test per gli elettrodomestici. In altri termini, questo potrebbe voler dire che una lampadina alogena venduta come 600 lumen, potrebbe essere invece di soli 540 lumen.
Dunque, le associazioni dei consumatori non avrebbero alcuna ragione di lamentarsi (almeno ufficialmente). La prassi – afferma una fonte anonima dell’industria illuminotecnica, citata dallo stesso Guardian – sarebbe ben diffusa in tutto il settore, e avrebbe costretto le aziende più piccole a mettere sul mercato dei prodotti declassati al fine di non rimanere “fuori”.
Ancora, il media sostiene che il test compiuto in Svezia fa riferimento a prodotti commercializzati tra il 2012 e il 2014, e che forse qualche operatore – sentendo odor di scandalo – ha avuto modo di agire con un pò di anticipo. Non solo: le “scappatoie” appena ricordate sarebbero ben note alla Commissione Europea, che di fatti sta cercando di risolvere il problema, pur in maniera non certo rapida. Allo studio vi sono infatti alcune proposte per poter ridurre il limite di tolleranza e ottimizzare il sistema di etichettatura e di classificazione energetica.
Articolo pubblicato originariamente su Tagpress