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Ammesso referendum su trivellazioni entro il limite di 12 miglia dalla costa. M5S lancia campagna “Giù le mani dal nostro mare” e invoca il conflitto di attribuzione.
Dieci Regioni italiane (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) avevano proposto 6 quesiti referendari per l’abrogazione di alcune disposizioni previste dal decreto Sblocca-Italia e dal decreto sviluppo riguardanti le trivellazioni in mare per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.
Con i referendum si voleva ottenere in particolare ripristino del ruolo delle Regioni nei procedimenti autorizzativi, l’impedimento del rilascio facile di autorizzazioni alle trivellazioni, l’eliminazione del carattere di strategicità, urgenza ed indifferibilità delle autorizzazioni, ed ripristino del limite di 12 miglia (circa 22 chilometri) dalla costa per le attività di trivellazione.
La Corte di Cassazione aveva ritenuto ammissibili tutti i sei quesiti. Conseguentemente, il Governo ha approvato delle modifiche alle disposizioni interessate dai referendum, nel tentativo di evitare la consultazione popolare, dalla quale avrebbe probabilmente incassato una sconfitta politica.
Sono stati quindi modificati l’articolo 38 dello Sblocca Italia e l’articolo 35 del decreto Sviluppo, quest’ultimo riguardante il limite di 12 miglia.
In conseguenza di questa modifica legislativa, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi nuovamente ed ha riformato la precedente decisione. Ha quindi dichiarato inammissibili 5 quesiti referendari su 6, salvando solo quello riguardante il limite delle 12 miglia: “Divieto di attività prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento”.
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Di cosa si tratta? In seguito all’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon della British Petroleum, avvenuta il 20 aprile del 2010 nel Golfo del Messico, che provocò un disastro ambientale, venne introdotto col decreto legislativo 128 del 2010, il divieto di svolgere attività petrolifere entro 12 miglia dalla costa.
Col cambio di Governo si intervenne su quel divieto limitandolo ai soli progetti futuri, garantendo con ciò approvato un salvacondotto per quelle compagnie che avevano già presentato domanda precedentemente all’approvazione del DL 128.
Di fatto fu dato il via libera a 30 progetti che prevedevano attività entro entro le 12 miglia (in Marche, Abruzzo, Molise e Puglia), di cui alcune anche a meno di 5 miglia dalla costa. Tra questi progetti ricordiamo il contestatissimo progetto Ombrina Mare, in Abruzzo.
Se la Corte Costituzionale, il cui verdetto è atteso per il 13 gennaio, si esprimerà positivamente, nei prossimi mesi saremo chiamati a votare per l’abrogazione di queste disposizioni.
Alla notizia del nuovo pronunciamento da parte della Cassazione, i Consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno comunicato di voler chiedere formalmente al Presidente della Regione Michele Emiliano di sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta.
Questo annuncio è accompagnato dal lancio della campagna M5S “Giù le mani dal nostro mare”. Per il Movimento la battaglia è ancora tutta da combattere.
Per molti la modifica della normativa da parte del Governo rappresenterebbe una vittoria, ma altri sono scettici, perché solo il referendum avrebbe garantito che questo o i successivi governi non avrebbero avuto dei ripensamenti e quindi non avrebbero reintrodotto quelle norme. Più che altro il Governo, ad una probabile sconfitta, ha preferito “impattare”, optando per un’abrogazione “soft” e controllata, su cui poter rimettere mano, piuttosto che rischiare una drastica e insuperabile eliminazione di quelle norme.
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