“Ulivi e xylella: caro Mieli contro quale scienza”? Pino Aprile risponde alle affermazioni di Paolo Mieli.
L’editoriale di Paolo Mieli sulla vicenda xylella ha suscitato diverse reazioni. Con un garbato post su facebook lo scrittore e giornalista pugliese Pino Aprile ha risposto alle affermazioni di Paolo Mieli, contenute in suo editoriale pubblicato stamattina sul Corriere della Sera, con cui viene accusa l’Italia e la magistratura in particolare di odiare la scienza e di preferire credere alle teorie del complotto. Pino Aprile fa sull’esperienza dell’Ilva per difendere l’operato della magistratura, che in quell’occasione fu accusata di distruggere la siderurgia italiana, mentre non faceva altro che intervenire per dovere istituzionale. Ma lo scrittore sottolinea anche le lacune del metodo scientifico utilizzato per contrastare il disseccamento rapido degli ulivi.
Di seguito il testo dell’intervento di Pino Aprile:
Pino Aprile
Se tu fossi tarantino, caro Paolo…
Premetto che ho una stima enorme per Paolo Mieli; il che non vuol dire che condivida tutte le sue opinioni: altrimenti saremmo la stessa persona, non due. Ne ho tanta stima che, pur essendo piuttosto sicuro, io, nella professione giornalistica, diciamo al limite della presunzione (ho sempre ascoltato tutte le obiezioni possibili, poi ho sempre deciso da solo; e quando dovetti scegliermi un vice direttore, presi uno bravo, ovvio, ma soprattutto l’unico che mi dava torto senza farsi problemi), due volte ho avuto dubbi gravi sul cosa fare e ho chiesto consiglio a colleghi del cui giudizio ho grande fiducia. La prima volta a Sergio Zavoli, la seconda a Paolo Mieli.
Ciò detto:
se tu fossi tarantino, caro Paolo…
Io lo sono. Son cresciuto al rione Tamburi e un giorno mi costruirono lo stabilimento siderurgico addosso a casa, proprio dall’altra parte della strada. E fummo contenti. Poi cominciammo a capire. Dirai, che c’entra questo con il tuo articolo sul Corriere della sera di oggi, così critico sui magistrati che si occupano della Xylella fastidiosa?
C’entra, perché quello che sta avvenendo con gli ulivi, l’ho visto accadere con l’acciaio. L’acciaio serve e qualcuno lo deve fare. Ci sono delle norme che dicono come farlo, limitando i danni alla salute e al territorio, e delle istituzioni che devono vigilare sul rispetto di quelle norme. In mezzo secolo, non l’ha mai, davvero fatto nessuno, a Taranto.
Quando i tarantini hanno cominciato a scoprire quale prezzo in salute e vite umane stiano pagando al mancato rispetto di quelle norme, hanno chiamato in soccorso le istituzioni, e non solo si sono scoperti soli, ma hanno visto le istituzioni, il loro scudo, divenire la lancia dell’accusato: non l’acciaio, ripeto, ma il far l’acciaio a quel modo.
Si è scoperto che rappresentanti di quelle istituzioni erano collusi, complici (qualcuno è finito in galera); che i sindacati prendevano, diciamo così, lauti contributi dalla fabbrica; che le ordinanze ministeriali, chiamiamole così, se le scriveva l’azienda e le firmava il ministro; si è udito il ministro accusare i tarantini di aver costruito i Tamburi abusivamente addosso alla fabbrica (oscenità detta da alcuni in difesa dei Riva, i proprietari, e da lui rilanciata), mentre è vero esattamente il contrario (ero lì, l’ho visto…). Anche quel ministro è finito in galera.
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E quando i magistrati di Taranto hanno semplicemente applicato le leggi che sono obbligati (almeno così sembrerebbe!) a far osservare, sono stati accusati di voler distruggere la siderurgia italiana. Hanno scritto che odiavano, loro e i tarantini, l’industria.
Per la Xylella, rivedo, pari pari, lo stesso cliché (per questo ti dicevo: se tu fosse tarantino…). Io ho salutato con un moto di sollievo e fiducia nelle istituzioni l’iniziativa dei magistrati di Lecce. Non so come andrà a finire, ma adesso sono più sereno: so che le obiezioni al modo in cui si è scatenata la campagna per l’abbattimento degli ulivi avranno una possibilità e un luogo per essere ascoltate e valutate, considerate o scartate, dipenderà dalla loro consistenza. Ma non più ignorate e dileggiate.
No, i magistrati (e, lo dico per me, ma potrei dirlo pure per molti altri che contestano l’ulivicidio programmato) non odiano la scienza; non lli conosco quei magistrati, ho appreso di loro dai giornali, ma non credo si possa dire che odino la scienza, perché si sono rivolti ad altri scienziati, i quali hanno fornito loro delle risultanze di questo tipo: esistono 9 tipi di Xylella in Puglia (ops… e come mai non lo abbiamo scoperto o saputo prima?); è dimostrato, scientificamente, che ci sono alberi senza Xylella che seccano e alberi con la Xylella che stanno benissimo (ops… e come mai ce ne accorgiamo solo adesso? Per la verità, un sacco di gente ha cercato a lungo e inutilmente di farlo sapere, di farsi ascoltare).
Come vedi, sempre scienziati sono. Se i magistrati fossero “contro la scienza”, non vi farebbero ricorso, per sollecitarne pareri. A meno di non pensare che si sia contro la scienza se non si accolgono acriticamente certe indicazioni della scienza, trascurandone quelle, sempre di fonte scientifica, ma diverse.
Conta e non conta che la Xylella sia davvero dannosa per gli ulivi (lo vedremo); conta che in nome della Xylella si abbattano gli ulivi. Non c’è controsenso. E se si dimostrerà vero che il batterio non uccide i nostri alberi, perché estirparli, “intanto”?
Poi, diciamola tutta, nessuno di noi è un robot, e i nostri sentimenti influiscono sulle decisioni, le idee e le azioni; e sono sollecitati dai comportamenti altrui. Se vedi un ministro all’Agricoltura agire come Martina, beh!, ce ne vuole di carattere per contenersi. Magari, alla fine (non ci credo proprio, ma la possibilità va considerata), scopriremo che bisognerà davvero estirpare i 60 milioni di ulivi pugliesi (l’ulivo è l’unico pugliese autoctono che c’è, con il ciuccio di Martina Franca; mentre noi siamo la gente più meticcia d’Italia). Ma non sarà certo nei modi e con le ragioni esposte dal ministro che in una ordinanza scrive di abbattere gli alberi che “a vista” paiono infetti.
“A vista”? E questa la scienza? E chi le è contro, di fatto?
No, questo Paese non è contro la scienza, né contro l’industria. Non è contro la scienza se oltre al parere di alcuni specialisti ritiene non sia sbagliato procurarsene altri; né contro l’industria, se chiede che le norme sulla produzione dell’acciaio fatte rispettare a Genova e nel resto d’Europa, vengano rispettate anche a Taranto.
Questo Paese, al contrario, appare troppo spesso contro i magistrati. Non proprio il Paese, a voler essere corretti, ma certi poteri (dal politico al capo di governo, al grande imprenditore) che, appena vedono intralciati i loro progetti, strillano alla “magistratura politicizzata”. Non sto dicendo che sia questo il caso; cito la cosa, perché contro giudici e magistratura, in Italia, sono state dette e fatte cose immonde, che mai sarebbero state accettate in Paesi più seri.
Non che manchi il marcio anche nell’amministrazione della Giustizia, figurati: il Paese questo è e così è in ogni sua parte; ma se si fa l’elenco dei politici e dei magistrati uccisi, dalla lunghezza dell’elenco, so di chi devo fidarmi di più.
E, comunque, l’inchiesta è appena cominciata. Se i magistrati di Lecce stanno facendo cappellate, verranno alla luce. Evidenze scientifiche opposte saranno confrontate e si vedrà quali sono meno fondate. Non mi è piaciuto per niente come si è mossa la macchina “abbatti l’ulivo” ed è chiaro, mai nascosto, come la pensi, in proposito. Ho, forte, la mia idea; ma avendo fatto un numero sufficiente di errori, per sapere di non essere infallibile, mi tengo in serbo il dubbio e la possibilità che io stia sbagliando.
Ma me lo devono dimostrare. Voglio essere convinto. Per ora, mi conforta che la magistratura ci sia e faccia quello che sta facendo, sperando che lo stia facendo bene.
Con la stima di sempre, Paolo. E con opinioni diverse.
Laureato in giurisprudenza, esperto di diritto pubblico e appassionato di scienze sociali. Scrivo, racconto, facendomi domande, senza cercare risposte facili. Più che giudicare mi interessa comprendere. Giornalista pubblicista iscritto all’OdG Puglia. Sono anche musicista.
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