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I ricorsi del Comune di Melendugno e della Regione Puglia contro TAP sono stati respinti. Per il Tribunale amministrativo è tutto regolare. Possibile ricorso al Consiglio di Stato.
Quasi in contemporanea all’annuncio del ricorso proposto dalla Regione Puglia contro il decreto ministeriale che prevede l’inclusione del progetto di Interconnessione TAP, il TAR Lazio ha respinto i ricorsi presentati dalla stessa Regione e dal Comune di Melendugno contro il decreto di autorizzazione unica del progetto di gasdotto TAP e di altri provvedimenti connessi.
Sicuramente la decisione farà discutere, ma intanto la multinazionale svizzera, in questa estenuante partita, segna un punto importante, sebbene non definitivo e non decisivo.
Erano diversi i motivi di ricorso sottoposti all’esame del TAR Lazio e bastava l’accoglimento di uno solo di essi per giungere all’annullamento dell’autorizzazione unica. Il Collegio, dopo aver riunito i due ricorsi in un unico procedimento, per via delle connessioni soggettive ed oggettive che presentavano, ha affrontanto tutte le eccezioni presentate dai ricorrenti, respingendole una per una.
In particolare le questioni principali riguardavano quattro argomenti: la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA); l’assogettabilità dell’opera alla normativa Seveso (sul rischio incidenti rilevanti); la presenza di terreni percorsi da incendio sul tracciato TAP; il superamento degli atti di dissenso di Ministero dei Beni culturali, Regione Puglia, Provincia di Lecce, Arpa Puglia, Autorità di Bacino e oltre 40 Comuni in relazione alla prescrizione A13).
In ordine a quest’ultimo aspetto, il TAR ha stabilito che non sussiste alcun difetto di motivazione, né altri vizi procedurali, affermando peraltro di avere una “sindacabilità ridotta” negli atti di “alta amministrazione” (come quello adottato dal Governo per superare gli atti di dissenso espresso dalle varie amministrazioni coinvolte). La prescrizione A13 si riferisce all’assoggettabilità del progetto al Nulla osta di fattibilità (NOF) che sarebbe dovuto essere rilasciato dai Vigili del fuoco. Secondo i ricorrenti sarebbe stata operata “un’inversione procedimentale in quanto l’acquisizione del NOF avrebbe dovuto precedere l’adozione della VIA”.
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Per quanto riguarda l’assoggettabilità alla normativa Seveso del terminale di ricezione del gasdotto (PRT), il Collegio ha ritenuto che questo non può essere equiparato ad uno “stabilimento” (presupposto per l’applicazione di questa normativa) ed ha escluso che l’attività di depressurizzazione e riscaldamento del gas naturale costituiscano attività di “manipolazione”. Non ricorrendo questi presupposti, i giudici hanno stabilito che la decisione del Ministero di non assoggettare il gasdotto alla normativa Seveso è legittima.
Il cuore della vicenda riguarda la procedura di valutazione di impatto ambientale. I ricorrenti hanno contestato innanzitutto che il progetto TAP fosse incompleto, in quanto necessitava di una seconda opera per poter immettere il gas trasportato da TAP nella rete nazionale, a Mesagne. Il TAR ha respinto l’eccezione, in quanto anche questa seconda opera sarebbe stata sottoposta a procedimento di VIA.
Sempre in ambito VIA è stato eccepito che il Ministero dell’Ambiente non abbia adeguatamente valutato l’impatto di questa opera sull’ambiente, gli interessi in gioco, gli approdi alternativi e di non aver valutato “l’opzione zero”, ossia la possibilità di non realizzare l’opera.
Il Collegio ha respinto l’eccezione, sottolineando l’amplissima discrezionalità amministrativa e istituzionale di cui dispone l’Amministrazione competente nel giudizio di valutazione ambientale. Ne conseguirebbero forti limiti al sindacato giurisdizionale sulla decisione finale.
“Con il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale – recita la sentenza – viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo
politico amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della
molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici e privati. In ragione della (indiscussa) valenza strategica dell’opera, non può quindi essere condivisa la censura di parte ricorrente, secondo cui non sarebbe stata presa in considerazione la c.d. “opzione zero” in quanto il MATTM (Ministero dell’Ambiente, ndr) ha operato invece un’approfondita valutazione con cui ha effettuato un contemperamento tra interessi pubblici, tutti di rilievo, arrivando ad escludere la possibilità di non realizzare l’intervento.
In questo quadro, il MATTM (e la commissione VIA), dopo una disamina molto articolata, è giunta ad individuare una soluzione che, nell’ambito delle competenze fissate dalla legge, ha ritenuto fosse quella che meglio contemperasse la molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici e privati”.
“Ora – continua il dispositivo – tale valutazione presenta – come detto – profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa, sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse all’esecuzione dell’intervento proposto; tale apprezzamento è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso cioè in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’amministrazione”.
Per quanto concerne l’eccezione riguardante l’asserita violazione legge quadro in materia di incendi boschivi, i giudici osservano che le parti di territorio interessate da incendi sono limitate a poche particelle catastali e che “gli interventicontemplati nel progetto TAP hanno ad oggetto una condotta che sarà realizzata nel sottosuolo nel senso cioè che l’opera (nel tratto onshore), una volta conclusi i lavori di realizzazione che saranno svolti in superficie, sarà posta ad una profondità di circa 1,5 metri, il che esclude l’applicabilità della norma in esame”.
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