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In questo modo riescono a gestire il mercato in regime di monopolio, ad imporre i prezzi dei prodotti della terra, che arrivano a quadruplicare nella filiera che va dalla produzione al consumo. La concorrenza viene annullata, mentre l’imprenditoria onesta resta soffocata. Inoltre ne deriva un grave pregiudizio per la qualità e la sicurezza dei prodotti, oltre che dell’immagine dei prodotti italiani e del marchio Made in Italy.
Il volume d’affari delle Agromafie nel 2015 ha superato i 16 miliardi di euro. Il valore dei sequestri effettuati dallo SCICO della Guardia di Finanza ai danni delle organizzazioni criminali nel settore agroalimentare, tra maggio 2014 e febbraio 2015, supera i 402,5 milioni di euro.
Le organizzazioni
Le varie organizzazioni mafiose distribuite sul territorio nazionale sembrano differenziarsi e “specializzarsi” in determinati settori. La Camorra sembra prediligere il reimpiego dei proventi illeciti in attività ristorative, come bar e ristoranti. Cosa Nostra, l’organizzazione mafiosa siciliana, ha un campo di attività più ampio, che comprende attività ristorative, attività agricole e commercializzazione di prodotti aggricoli. L’organizzazione calabrese ’Ndrangheta sembra puntare sull’acquisizione di vasti appezzamenti di terreno, sulla gestione di aziende agricole e sul conseguimento illecito di contributi comunitari all’agricoltura. Andando più in casa nostra, troviamo la Sacra Corona Unita, che rispetto alle altre organizzazioni dimostra un grado di controllo e penetrazione territoriale inferiore, sebbene risulta essere significativamente elevato.
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In Calabria e Sicilia, infatti, il grado di controllo criminale del territorio risulta pressoché totale; in Campania il controllo è totalitario in buona parte del territorio, mentre si presenta con minore intensità nell’entroterra avellinese e beneventano.
I commenti
Gianni Cantele, Presidente di Coldiretti Puglia:
“Il fronte dell’illegalità è sempre più ampio e riguarda la proprietà fondiaria, le infrastrutture di servizio all’attività agricola e, non da ultime, le produzioni agricole ed agroalimentari. I reati contro il patrimonio (furto, abigeato, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, ecc) rappresentano la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale. Masserie, pozzi e strutture letteralmente depredate, chilometri e chilometri di fili di rame, letteralmente volatilizzati lasciando le imprese senza energia elettrica e possibilità di proseguire nelle quotidiane attività imprenditoriali. Capitolo a parte merita il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio ‘made in Puglia’, a danno dell’imprenditoria agricola pugliesi e dei consumatori”.
Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia:
“Impressionanti i dati relativi ai furti di olive e addirittura alberi nelle campagne pugliesi un fenomeno che preoccupa e non poco che colpisce soprattutto gli imprenditori olivicoli di Bari e della BAT, vittime di razzie di olive come diamanti, dunque, ad opera di squadre organizzate che riescono a raccogliere in meno di 30 minuti anche 60 chilogrammi di prodotto che valgono circa 100 euro. Al furto di olive si associa anche quello delle attrezzature. Il prodotto sottratto alimenta una filiera illegale che provoca danni economici ma anche rischi per la salute, oltre alla condizione di forte pericolo per gli imprenditori olivicoli”.
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