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Cosa nostra e la vitale relazione con politica e istituzioni
“Cosa Nostra storicamente ha sempre avvertito, avverte oggi e sempre avvertirà la necessità di condizionare e di controllare l’attività della politica e delle pubbliche amministrazioni. Loro ritengono il conseguimento di quello scopo assolutamente fondamentale per l’esistenza in vita dell’organizzazione”.
Di Matteo ricorda le dichiarazioni di un pentito di mafia che aveva un ruolo importante nella cupola di Cosa nostra:
“Se Cosa Nostra non avesse avuto e non avesse ancora oggi gli agganci che ha, sarebbe una banda di sciacalli, di criminali ordinari, niente di più. Sarebbe un’associazione destinata a scomparire in poco tempo a fronte di un’azione repressiva dello Stato”.
La mafia non sarebbe nulla senza alcuni determinati appoggi. E sono gli stessi mafiosi ad ammetterlo:
“Siamo diventati così potenti grazie alle collusioni, alle amicizie, ai favori con la politica e con pezzi rilevanti dello Stato”.
Sono consapevoli di questa necessità vitale.
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Non ha la stessa consapevolezza lo Stato, secondo Di Matteo:
“Al contrario, e lo dico con molta amarezza, non sempre lo Stato, le sue istituzioni, persino quelle giudiziarie, hanno avvertito la speculare centralità della necessità della rescissione definitiva di ogni legame con la mafia; loro, i mafiosi, hanno la consapevolezza che per la mafia la cosa più importante è avere la possibilità dei rapporti con la politica e le istituzioni, con le amministrazioni a vari livelli.
Senza questa consapevolezza, avremmo, anche “arrestando 10, 100, 1000 mafiosi, solo una parziale e temporanea prevalenza, ma non vivremo il momento definitivo della vittoria della guerra alla mafia.”
Le cause e gli effetti del legame: il metodo mafioso nell’esercizio del potere
Il magistrato si sofferma quindi sulle cause di questo legame. Innanzitutto ci sarebbe la colpevole sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte di alcune persone. In altri casi, alcuni soggetti ne traggono convenienza dal punto di vista elettorale e politica. In altri casi ancora ci sarebbe “una sorta di adesione culturale, anche inconsapevole, al metodo mafioso nell’esercizio del potere”.
“La mafia non è soltanto un fenomeno circoscritto ai vari Riina, Provenzano, Brusca, Bagarella, Matteo Messina Denaro…. – afferma Di Matteo – Quello è un aspetto importante, certamente fondamentale della mafia. Quello è l’aspetto della mafia militare.
“Noi dobbiamo preoccuparci – tiene a precisare – di una situazione che sta portando ad un fenomeno particolare, che è quello dell’adozione di metodi mafiosi nell’esercizio del potere.
Non possiamo più accettare che il fenomeno mafioso si perpetui nel tempo”.
Rispetto ad altri Paesi a democrazia avanzata, il fenomeno della criminalità organizzata in Italia è diverso. In quesi Paesi – sostiene il magistrato – “la questione criminale è soltanto un capitolo, importante, ma marginale rispetto alle vicende nazionali. […] In Italia, invece, la vicenda criminale è stata ed è intrecciata con la storia nazionale perché protagonisti di quella storia sono stati anche settori non marginali della classe dirigente”.
Come spiegato dal PM Palermitano infiltrare le Pubbliche amministrazioni, la politica, è stata sempre fondamentale per la mafia, per vari motivi: innanzitutto per intercettare grossi flussi di denaro pubblico destinato alle P.A. o che comunque transitare attraverso le P.A.; in secondo luogo, Cosa nostra ha usato agganciare esponenti politici di “basso rango” o della burocrazia per giungere per raggiungere esponenti politici di più alto livello.
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