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Per una TAC urgente, due donne sottoposte a intervento contro il cancro, avrebbero dovuto aspettare oltre un anno e mezzo. Si sono rivolte al Tribunale dei diritti del malato.
Ha dell’assurdo la vicenda denunciata da due donne sottoposte ad intervento chirurgico contro il cancro, che per effettuare una TAC urgente avrebbero dovuto aspettare un anno e mezzo. Due storie assurde, ma non così sporadiche. Anzi… Solo che in questo caso le pazienti hanno denunciato l’accaduto al Tribunale dei diritti del malato, dando rilevanza al fatto a dir poco grave.
L’appuntamento, dato il carattere d’urgenza, avrebbe dovuto essere fissato entro 3 giorni dalla richiesta, ma l’urgenza, talvolta, resta sulla carta.
Il primo episodio è avvenuto a novembre dello scorso anno, mentre il secondo è relativo a febbraio. L’esame è stato fissato rispettivamente per giugno 2017 e settembre 2017. Oltre un anno e mezzo d’attesa per un esame prescritto con priorità. I due episodi denunciati sono avvenuti entrambi all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce.
Le due donne si sono rivolte al Tribunale dei dei diritti del malato per ottenere il riconoscimento del loro diritto e la fissazione dell’esame in tempi ragionevoli. Sul più recente dei due casi si è espresso Gianfranco Andreano, coordinatore provinciale di Cittadinanzattiva.
“Questa signora – ha raccontato Andreano – aveva urgenza e doveva eseguire l’esame diagnostico entro 3 giorni, come segnalato sulla ricetta rossa del suo medico di famiglia. L’appuntamento all’ospedale Vito Fazzi di Lecce è stato fissato fra un anno e mezzo. Il Tdm (Tribunale dei diritti del malato, ndr) si è mosso per risolvere questo caso singolo, ma al di là di questo occorre lavorare affinché non accada ad altri”.
“Non nego però – aggiunge – che è molto difficile riuscire ad accorciare le liste di attesa: c’è una serie di problemi veramente seri, in primis quello economico, che non permette concretamente di smaltire le richieste”.
“Il personale scarseggia c’è il problema del turn-over e degli straordinari. Le macchine per la Tac – spiega – lavorano 6 ore al giorno, se non di meno. In qualsiasi impresa sanitaria privata vengono sfruttate molto di più, nelle Asl questo non si riesce a fare. L’organizzazione è ardua e rende impossibile una risoluzione del problema, anche con i codici di priorità assegnati ai pazienti dai medici di famiglia. E siamo preoccupati per il nuovo piano ospedaliero: potrà essere un buon piano, ma prima ci deve essere la garanzia che gli ospedali diano la sicurezza del percorso per le acuzie. E tutti gli altri, i malati cronici, che non hanno bisogno del ricovero, devono essere accolti sul territorio, che a oggi non è organizzato”.
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Dunque i mezzi ci sono, ma il deficit di personale non permetterebbe di sfruttare i macchinari a regime e a sopperire alla notevole mole di richieste.
Si fa un gran parlare della necessità di fare prevenzione, di effettuare controlli regolari per bloccare un’eventuale insorgenza della malattia tumorale quando è ai primi stadi, periodo in cui c’è una maggiore probabilità di guarire. Invece i proclami si scontrano con la realtà che sempre più spesso spinge i cittadini a rivolgersi alle strutture private, con costi evidentemente maggiori e, talvolta, senza la sicurezza che un ospedale potrebbe garantire.
Infatti, la paziente in questione, dopo aver deciso di rivolgersi ad una struttura privata, non ha potuto proseguire la TAC, in quanto allergica al liquido di contrasto. E non disponendo, questa struttura, di un reparto di rianimazione, sarebbe stato troppo rischioso effettuare l’esame. La donna, in via eccezionale, è stata inserita in una “short list”, dopo una valutazione medica a carattere straordinario.
Ma non si può sempre disporre un intervento straordinario, quando l’ordinario è rappresentato da centinaia di pazienti in lista d’attesa che hanno bisogno di esami urgenti e che non sempre, per ragioni economiche o per ragioni sanitarie, possono essere effettuate in strutture private. Di fatto viene disatteso l’articolo 32 della nostra Costituzione (il diritto alla salute), in quanto le istituzioni non garantiscono la tutela della salute dei cittadini “come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”, né vengono garantite “cure gratuite agli indigenti”.
La situazione è ancora più grave, se si pensa che il nostro territorio è in piena emergenza tumori. Ci si augura – senza molte velleità – che il nuovo piano sanitario che la Regione si appresta a varare, tenga conto di questa gravissima situazione.
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