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Dalla sede di Coldiretti Lecce il professore emerito insiste su innesti cultivar presunte tolleranti a xylella, affermando che la ricerca non deve lasciare nulla di intentato.
Martedì scorso, presso la sede di Coldiretti Lecce è stato invitato il professore emerito dell’Università di Bari Giovanni Martelli, il quale ha illustrato un relazione sullo stato dell’arte riguardo alla ricerca sulla Xylella fastidiosa. “La ricerca non deve lasciare nulla di intentato per provare a combattere questo pericoloso batterio da quarantena”, ha affermato Martelli.
Il docente emerito è stato il primo a parlare di xylella come ipotetico responsabile del disseccamento degli ulivi del Salento, salvo poi precisare in un suo articolo pubblicato sul sito dei Georgofili, che non era corretto parlare di “batterio killer” in assenza delle prove di patogenicità che lo confermassero. Queste prove ad oggi non ci sono, ma si continua ad insistere sulla xylella come unico responsabile del CoDiRO, sebbene i potenziali fattori responsabili del disseccamento sono diversi.
Martelli accoglie favorevolmente la possibilità di effettuare degli innesti o di impiantare nuove cultivar per salvare il patrimonio olivicolo: “È una strada che può essere tentata, così come è importante continuare la ricerca su cultivar resistenti. Il leccino ha dimostrato di riuscire ad attivare dei meccanismi di resistenza che mantengono di gran lunga più bassa la carica batterica nello xilema rispetto a ogliarola e cellina. E ci potrebbero anche essere delle altre cultivar resistenti”.
La cosa bizzarra è che pur in assenza delle prove di patogenicità del batterio sugli ulivi, si continui ad affermare che alcune cultivar di ulivo tollerano o resistono di più alla xylella rispetto ad altre. Non sarebbe così azzardato ipotizzare che le proposte che verranno fuori dalla nuova task force andranno nel senso di proporre la sostituzione delle cultivar attuali con quelle ritenute (a torto o ragione) resistenti al batterio.
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Giuseppe Brillante e Pantaleo Piccinno, rispettivamente direttore e presidente di Coldiretti Lecce, sottolineano “l’importanza del lavoro di squadra e della sinergia tra mondo agricolo, ricerca ed istituzioni e del ciclo di incontri tecnico-scientifici organizzato nella sede della federazione”… “per avviare un confronto proficuo tra olivicoltori e scienziati”.
Piccinno ha anche sollecitato la necessità di monitorare il territorio con l’intento di ricercare “nell’immenso scrigno di biodiversità costituito dall’oliveto salentino eventuali cloni varietali delle nostre stesse cultivar autoctone, cellina di Nardò e Ogliarola salentina, che manifestino incoraggianti sintomi di tolleranza al batterio”.
Non possiamo, allo stato degli atti, affermare se e quanto determinate cultivar di ulivo siano più tolleranti di altre e, quindi, se una soluzione al disseccamento rapido dell’ulivo possa essere rappresentato dal reimpianto di queste specie presunte tolleranti. Ma di sicuro questa soluzione è funzionale ad una proposta portata avanti da alcuni ricercatori dell’Università di Bari, che già in tempi non sospetti proponevano la revisione delle leggi sull’abbattimento degli ulivi in modo da eliminare gli uliveti “in esubero” e puntare sulle cultivar di ulivi più adatte all’olivicoltura intensiva e superintensiva.
Giovedì 17 marzo verrà ospitato il professor Marco Scortichini, batteriologo del Crea di Salerno, che ha sottoposto alcuni ulivi colpiti da disseccamento ad una cura sperimentale che avrebbe portato a risultati incoraggiante, con la riduzione o la scomparsa dei sintomi da disseccamento.
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