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Il cosiddetto ricorso all’alternativa, nel tipico e limitante gergo politichese di provincia, mette in relazione, da una parte, l’imprescindibile e assoluta richiesta di tutela ambientale e, dall’altra, l’incalzante e innegabile reclamo di energia.
Non ci possono essere relazioni tra le due richieste, non sono connesse, perché l’idea comune del termine energia, così come comunicato, riguarda in questo caso, il consumo e lo sfruttamento delle risorse naturali.
Se non siete competenti e professionali, quando vi esprimete su tali argomenti, evitate degli sguaiati “opinionismi da dopo partita”. Rendetevi conto di essere molto lontani dal botta e risposta delle tribune politiche di un tempo, quando s’argomentava su nucleare e obiezione di coscienza.
Dai tempi di Aristotele, in ogni scienza, dalla biologia alla fisica, l’energia assume definizioni di più ampio respiro e profondità di quello che si vuol far banalmente intendere. Far intendere, invece, che l’energia non è una faccenda tecnica, che sia un’esclusiva della politica e del mercato, potrebbe essere terribilmente errato, fuorviante e irrispettoso.
Senza quel riscontro tecnico che dimostra l’irrazionalità di alcune scelte amministrative, non si potrebbero giustificare le grandi presenze di piazza in dibattiti riguardanti gli ulivi, le discariche, le emissioni industriali o l’incidenza dei tumori.
Assentarsi su scelte così importanti equivale anche a una reticenza ingiusta e non qualificabile.
Qualcuno dirà che quel che si può ricavare dallo sfruttamento delle risorse naturali serve assolutamente per le nostre abitudini ed elencherà una serie di prototipi calzanti a riguardo.
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Dirà che lavatrici, televisori, personal computer e altro, fino alle palline da ping pong e l’elastico delle tue mutande sono oggetti originati da un’attività da cui non si può far ritorno che noi stessi alimentiamo con i nostri acquisti.
Dirà che non possiamo prescindere dall’automobile e dalla fotocamera, mezzi che in fondo anche l’ambientalista più impegnato utilizza. Ti fa intendere che le questioni ambientali sono il risultato di una complessità tale, da farti desistere da ogni passo ecologico, che un referendum serve solo a sciacquarsi la coscienza con acqua sporca e maleodorante.
Ti dirà che la tua preferenza è inutile perché questo progresso è incontenibile, che manchi di coerenza perché neanche tu ti astieni dall’acqua calda, inoltre dici sempre no a tutto.
Saresti un ipocrita o un ignorante, quindi, se ti permetti di difendere un ecosistema solo con le parole?
Di fronte a queste dissertazioni diventi arrendevole, fino quasi a convincerti di non poter fare altro, che le cose non cambieranno, senza un certo impegno. È una resa preoccupante, i più sensibili smettono di volantinare, ma in ogni caso i dubbi restano. Mai arrendersi. È il caso di alzarsi e distaccarsi dalla tastiera.
Per qualcuno, il proposito di “cambiar cultura” o stile di vita, parte dal presupposto che il grado di civiltà, l’agiatezza economica e soprattutto la dignità, sia uguale per ogni individuo. Questo è l’altro classico luogo comune più cliccato, ovviamente errato; la proposta assomiglia un po’ a quella regina francese che alle richieste di fame dei suoi sudditi suggeriva di distribuire le brioche. Nel frattempo, ti abbattono un viale alberato, sotterrano rifiuti e avvelenano i campi.
La proposta di questo ipotetico cambio culturale è discutibile. Sai bene che essa non potrebbe avverarsi, almeno in tempi brevi, probabilmente anche a causa delle differenze di classe generate da questa involuzione. Hai solo la certezza che, più di prima, c’è tanta gente che raziona le energie, di qualunque origine fossero, e c’è ne dell’altra che sciupa senza misura e senza remore. Lo stato più povero al mondo non consuma quanto quello più ricco. È elementare, per l’arricchito la paura di diventare povero è reale e ogni mutamento è inaccettabile. L’ecologista vero più che un cambio ti propone uno scambio culturale.
Il dubbio che ti ritorna sorge nel momento in cui, dopo quello che ti diranno, aggiungeranno che oltre al confine della prima possibilità ce ne sono delle altre. Quali? Qui, nel Salento, non si osa dirle. È indelicato e antipopolare nei confronti di quei residenti che ogni giorno soffrono l’aria fetida e l’uso smoderato del suolo. Proprio nelle località dove l’umore è palesemente meno calmo, le percentuali di affluenza sono andate ben oltre il quorum. Questo è il dato più indicativo che vi deve far riflettere prima di dire, prima di scegliere.