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Dai trionfi al salvataggio di 800 ebrei. Nell’ambito della rassegna “Incontri d’autore”, Oliviero Beha presenta a Vignacastrisi il suo libro “Un cuore in fuga”, centrato sulla figura più umana che sportiva di Gino Bartali
Al di là di ogni successo, dietro un grande campione c’è sempre uomo, ma non necessariamente altrettanto grande. Gino Bartali, però, lo è stato, ed è lui il protagonista del nuovo libro di Oliviero Beha dal titolo “Un cuore in fuga” (Piemme); un lavoro editoriale che il popolare giornalista toscano (conterraneo dello stesso Bartali) presenterà domani, venerdì 22 aprile, a Vignacastrisi, alle ore 20, presso la Biblioteca Comunale “Maria Paiano“, nell’ambito della rassegna “Incontri d’autore“, organizzata dal Comune di Ortelle e dal Comitato di Gestione “Biblioteca Maria Paiano”. Beha dialogherà insieme a Serena Costa.
Leggenda dello sport e del ciclismo, in Italia e nel mondo, Gino Bartali ha avuto un forte impatto sulla società italiana, al di là della storica rivalità con Fausto Coppi o dei suoi successi (tra cui tre Giri d’Italia e due Tour de France). E fu una sua impresa sportiva, forse la più grande della sua carriera, a consentire che “Ginettaccio” diventasse anche l’autore di una impresa sociale e politica. Il 14 luglio 1948, il neofascista Antonio Pallante spara a Togliatti e l’Italia rischia di precipitare nella guerra civile. In quel momento, Bartali sta partecipando al Tour de France con la nazionale italiana e nemmeno lì le cose vanno bene; il ciclista fiorentino ha infatti un ritardo di ben 21 minuti da Louison Bobet, che ha letteralmente la vittoria in pugno, e per l’ormai 34enne Bartali sembra impossibile scalzare dal trono il giovane francese idolo di casa. Quello stesso giorno, però, arriva la telefonata del Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che chiede a Bartali, con pochi giri di parole, di vincere il Tour “perché qua c’è una grande confusione”. Insomma, De Gasperi chiede a Bartali di salvare l’Italia; il prestigio della sua figura, unito alla prestigio di quel successo avrebbe potuto dare ai cittadini un motivo per festeggiare e sorridere insieme.
Doveva essere una impresa, e così fu. Gino Bartali volò sulle Alpi francesi e in poche tappe annullò il distacco da Bobet, giungendo a Parigi con un minuto di vantaggio sul francese e vincendo dopo 10 anni il suo secondo Tour. “Ginettaccio” si riconfermò ancora una volta eroe in patria, e tutto il paese non poté che festeggiare la sua ennesima impresa sportiva, leggendaria, che salvò le sorti dell’Italia.
La vittoria politica e sportiva di Bartali venne così celebrata da Emilio De Martino, il direttore de “La Gazzetta dello Sport”:
Sembra quasi che, risorgendo Bartali nella stessa corsa che vinse tanti anni fa, risorgano tutti gli uomini sani che parevano già stanchi e che invece riprendono, con repentine energie, il loro cammino illuminati dalla splendente fiaccola di un maestro non soltanto di eccellenza sportiva, ma di tutti quei valori che costituiscono il vero uomo.
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Un campione indimenticabile, e i suoi ancora numerosissimi tifosi si chiedono quali altri successi avrebbe potuto ottenere se tra il primo e il secondo Tour non ci fosse stato in mezzo il secondo conflitto mondiale. La sua bacheca sarebbe stata sicuramente più prestigiosa, ma proprio in quegli anni il ciclista toscano si rende protagonista di una nuova immensa impresa, che questa volta non fa però risaltare la sua figura sportiva, quanto quella umana. Ed è questa la storia su cui ruota “Un cuore in fuga” di Oliviero Beha: quella che vede Bartali salvare la vita a circa 800 ebrei destinati a morte certa.
Nel 1943 le leggi razziali mettono in ginocchio l’Europa e circa 15mila ebrei si trasferiscono in Italia per cercare scampo alla follia di Hitler. Non sanno che nel Belpaese incapperanno nei controlli del regime fascista. Bartali ha già vinto due volte il Giro e un Tour; è un atleta famoso e potrebbe godersi i suoi successi, ma stavolta sceglie di pedalare per una coppa più importante. Fingendo di allenarsi, diventa una sorta di staffetta per la rete clandestina Delasem, trasportando documenti falsi alle famiglie ebraiche in cerca di nuova identità. Sono centinaia, addirittura migliaia i chilometri, macinati avanti e indietro da Firenze, con questi lasciapassare verso la salvezza, destinati a molti uomini, nascosti nel sellino e nel manubrio.
“Se ti scoprono ti fucilano”, gli disse uno spaventato Cardinale Dalla Costa. Ma Bartali non si è fermato ha continuato a correre, a pedalare e a salvare vite innocenti con le sue tre armi più infallibili: una bicicletta, due gambe e … un cuore sempre in fuga.
Oliviero Beha è nato a Firenze nel 1949. Ha scritto inizialmente per «Paese sera» e «Tuttosport». Ha fatto l’inviato per «Repubblica» per un decennio occupandosi di sport, costume e società. È stato editorialista e commentatore per molte testate, lo è oggi per «Il fatto quotidiano», di cui è uno dei fondatori. È stato autore e conduttore di trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai molto seguite, da «Radio Zorro» a «Radio a colori», da «Va’ pensiero» al recente «Brontolo», su Rai3. Scrittore, saggista, poeta e drammaturgo, ricordiamo tra i suoi molti titoli Italiopoli, I nuovi mostri, Il culo e lo stivale e, in versi, Meteko.