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Secondo quanto esposto nella conferenza stampa organizzata a Bari da TAP, è solo oro quello che luccica. Per le P.A. coinvolte, invece, no.
Non c’è nessun problema, nessun intoppo. Va tutto a gonfie vele per TAP. Almeno questa è l’idea che viene fatta passare nella conferenza stampa tenutasi a Bari stamattina, organizzata dalla multinazionale del gas. Già la scelta di Bari, anziché Lecce, come sede della conferenza aveva fatto insinuare che TAP avesse voluto evitare probabili contestazioni. Ipotesi smentita dalla società.
Nell’esposizione traspare quel buonismo che ricorda la pubblicità di una nota marca di pasta: “Dove c’è gasdotto c’è casa”. Questo tipo di comunicazione sembra essere una costante per molte grandi opere che il popolo non vorrebbe mai sul proprio territorio. Si dice che l’opera non graverà sulle tasche dei cittadini (bisogna poi andare a vedere chi è che tirerà fuori i soldi), che arricchirà il territorio, senza alcun impatto economico e ambientale, né rischi per la sicurezza e la salute. Solo vantaggi, nessuno svantaggio. A ben guardare, esperienze precedenti, partite con le migliori intenzioni, hanno rivelato altro. Vedi Ilva, vedi Cerano. TAP sarà coerente con le promesse e i proclami fatti?
Per il country manager di Tap Italia Michele Mario Elia, non c’è nessun impedimento all’inizio dei lavori, annunciato per il 13 maggio. Con la Regione Puglia ci sarebbe solo dialettica istituzionale, niente di più.
Non sono, forse, dello stesso avviso alcune amministrazioni coinvolte nel procedimento, che hanno chiesto chiarimenti tecnici a TAP, in ordine alla Comunicazione di inizio lavori e circa l’ottemperanza della prescrizione A.44, della quale Elia ricorda che c’è un’autorizzazione parziale.
Come abbiamo già avuto modo di spiegare, questa prescrizione impone a TAP la presentazione e l’approvazione da parte di Comune e Regione del progetto esecutivo riguardante i ripristini (ulivi in particolare) e le mitigazioni ambientali, prima dell’inizio dei lavori. La prescrizione non è stata ancora ottemperata.
Elia spiega, come già anticipato dall’ufficio stampa della società nei giorni scorsi, che i primi interventi riguarderanno le bonifiche belliche e i sondaggi archeologici. Per il country manager si tra di un avvio sostanziale dei lavori, non di un annuncio spot.
Ricordiamo che l’autorizzazione unica al progetto TAP assegna come termine ultimo per l’avvio dei lavori il 16 maggio. TAP ha chiesto un frazionamento del progetto, al fine di ottemperare alle prescrizioni poco per volta, perché obiettivamente non sarebbe stato possibile completare le 58 (+8) prescrizioni prima di questo termine. La Commissione Tecnica di VIA ha accordato questo frazionamento, assegnato un preciso cronoprogramma alla società. Entro il 16 maggio dovrebbe avviare la fase 1, ossia la realizzazione del micro tunnel e del pozzo di spinta. Ma ad oggi TAP non ha ancora tutte le autorizzazione necessarie alla fase preparatoria del cantiere (la fase 0), che non potrà aprirsi prima del prossimo autunno. E la fase 0 precede la fase 1, perché senza l’espianto degli ulivi non sarà possibile allestire il cantiere.
Le bonifiche e la valutazione del rischio archeologico sono gli unici lavori che forse TAP potrà avviare prima che l’autorizzazione unica decada. Ma basta un lavoro qualsiasi per impedire la decadenza? Per l’ufficio legale TAP va bene. Quindi che valore ha il parere della Commissione Tecnica di VIA? Vale solo quando consente alla società di frazionare il progetto, mentre si trasforma in un “consiglio” quando impone un cronoprogramma?
Elia ha parlato poi dei terreni che saranno asserviti all’opera, affermando che in nessun caso sono stati effettuati espropri, che nell’89% dei casi sono stati stretti degli accordi bonari con i proprietari, mentre nel restante nell’11% si è proceduto con l’occupazione temporanea e asservimento coattivo, con l’intenzione di giungere ad accordo bonario anche con questi proprietari.
In conferenza si è parlato anche delle ragioni che avrebbero spinto a scartare l’ipotesi di approdo alternativo a Brindisi, ritenendo che il sito di San Foca è il meno impattante, il meno costoso e realizzabile in tempi minori. Sulla idoneità del sito prescelto varrebbe la pena di considerare anche lo studio che i consulenti tecnici del Comitato No TAP hanno redatto, paventando, tra le altre cose, il rischio che il terreno (di composizione calcarea e argillosa, con possibili cavità carsiche) ceda per il peso dell’infrastruttura, con eventualità di incidenti e perdite di gas nel sottosuolo.
A parte questo, nel parlare della scelta di San Foca, non si tiene conto del fatto che rispetto ad un ipotetico approdo a Brindisi, il progetto TAP richiede un ulteriore progetto di interconnessione alla rete Snam, che dovrà attraversare il territorio di 8 Comuni, percorrendo circa 56 chilometri, passando anche tra gli uliveti. E per questo progetto si è appena aperta la procedura di valutazione di impatto ambientale; per giunta il Ministero ha già chiesto chiarimenti e integrazioni.
L’intenzione di Elia è anche quelli di “eliminare ogni dubbio e preoccupazione” sul progetto e convincere tutti della strategicità dell’opera. Un motivo convincente potrebbe essere quello della promessa di 18 milioni per il territorio, spalmato in 25 anni, 720 mila euro all’anno. In realtà si tratta di una stima, non verificata, del gettito Imu, Tares, Tasi che entrerebbe nelle casse del Comune di Melendugno.
Nei mesi estivi, inoltre, verrà lanciato un bando pubblico per il finanziamento di 8 progetti da 25 mila euro ciascuno destinato alle associazioni del territorio.
E’ stata annunciata anche l’apertura a Melendugno di un info point, per informare i cittadini sull’avanzamento dei lavori. Si preannunciano lunghe file.
Articolo pubblicato originariamente su TagPress.it