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Il nostro Paese crede più nell’olivicoltura d’oltremare che in quella nazionale. Piano olivicolo pachistano finanziato più di quello italiano.
Dopo l’olio tunisino, nuove polemiche insorgono dopo che si è appreso il nostro Paese finanzierà il piano olivicolo del Pakistan, dell’ammontare complessivo di circa 37 milioni di euro, mettendo a disposizione la quota più consistente: ben 20 milioni di euro. La notizia è stata pubblicata da TeatroNaturale.it
Si consideri che nel nostro Paese le risorse messe a disposizione dal nostro Governo per il piano olivicolo nazionale è di 32 milioni di euro, ben 5 milioni in meno rispetto a quello pachistano.
Ad annunciarlo è stato l’ambasciatore italiano in Pakistan, Stefano Potecorvo, dopo una riunione con il Ministro dello sviluppo economico pakistano, Ahsan Iqbal.
Una delegazione di esperti italiani seguirà nel Paese asiatico per un anno e mezzo gli olivicoltori e contribuirà alla crescita dell’olivicoltura, offrendo supporto.
“Il progetto fornirà interessanti opportunità per la formazione degli agricoltori pakistani sulla coltivazione degli olivi”, ha dichiarato Pontecorvo.
Il Governo pachistano ha pianificato la piantagione di 50 mila acri di oliveti fino al 2025. Il Ministro Iqbal ha ringraziato il Governo italiano per il contributo, affermando che “l’assistenza tecnica dell’Italia è vitale per il successo del progetto”.
Questo ulteriore sussidio all’olivicoltura dei Paesi extracomunitari sembra confermare la perdita di interesse, tanto per l’Unione Europea, quanto per l’Italia, per l’olivicoltura italiana, in crisi da anni e bistrattata dalle istituzioni. Si preferisce, probabilmente, acquistare olio a basso costo dai Paesi del Nord Africa o del vicino Oriente.
Ma c’è davvero l’interesse a salvare l’immensa foresta di ulivi monumentali salentini dal disseccamento? L’olivicoltura salentina soffre di bassa redditività, schiacciata dalla concorrenza estera, che produce di più e a basso costo.
L’unica proposta concreta, ma drastica, per salvare l’agricoltura pugliese è quella avanzata, ben prima dell’esplosione della questione xylella, da Salvatore Camposeo e Angelo Godini, ricercatori dell’Università di Bari, che prevede l’abbattimento degli uliveti “in esubero” e la conversione alla produzione intensiva e superintensiva con la sostituzione degli attuali uliveti con cultivar più adatte a questo tipo di produzione. Questo piano comporterebbe una trasformazione irreversibile del territorio e avrebbe delle importanti ripercussioni a livello ambientale.
Salvare gli ulivi monumentali dal disseccamento e, soprattutto, dagli abbattimenti, serve a salvaguardare il paesaggio, l’ambiente, l’identità del territorio, ma non risolve la crisi dell’agricoltura. Senza un piano olivicolo che valorizzi l’olio extravergine salentino, prodotto senza ricorrere all’intensivo, non potrà essere garantita la redditività agli olivicoltori.
In tutto ciò la posizione delle istituzioni politiche dimostra tutta la sua ambiguità, adottando politiche che nell’ufficialità vogliono salvare gli ulivi dal disseccamento, ma nei fatti preparano timidamente le basi per la conversione dell’agricoltura pugliese.
Articolo pubblicato in origine su TagPress