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Lo chiameranno incidente, errore umano, fatalità e ci si laverà facilmente la coscienza. Oppure i veri colpevoli sono tutti coloro che hanno fatto figli e figliastri, lasciando le ferrovie locali del sud Italia in condizioni indecenti?
Si cerca ora il colpevole del reato di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. Si parla di un segnale non rispettato, imprudenza, negligenza, disattenzione che ha provocato circa 30 morti e 60 feriti. Si cercano una o più persone che paghino per questo disastro e che sollevino da altre responsabilità. Errore umano. Facile liquidare in questo modo la vicenda, più difficile che ognuno si assuma le responsabilità che gli competono.
Sono solo queste persone, uno o più operatori di Ferrotramviaria, i responsabili del disastro? Verranno accertate le responsabilità penali, verrà trovato un capro espiatorio. Ma ci sono responsabilità politiche e morali ben più gravi, quelle di aver lasciato quasi mille chilometri di ferrovia in Puglia con sistemi di sicurezza vecchi di decenni, con la sicurezza affidata in massima parte alla solerzia del personale ferroviario.
Se si è mantenuto questo sistema di trasporto regionale in condizioni da quarto mondo non è per mancanza di risorse, ma perché si è scelto di destinare la quasi interezza di risorse altrove. Non è esagerato dire che per le infrastrutture e i trasporti, al sud Italia restano solo le briciole. Lo ricordava Pino Aprile: su 4560 milioni per le ferrovie, 4500 sono rimasti al nord, mentre solo 60 sono finiti al centro-sud.
Nel piano di investimenti infrastrutturali sui trasporti del 2015 da realizzare con il finanziamento dell’Unione Europea, le risorse sono rimaste concentrate al nord Italia. Su 71 grandi progetti, in tutto il sud Italia ne sono stati presentati solo 2, per giunta di marginale importanza.
Se nel nord si parla di alta velocità, nelle ferrovie locali e regionali secondarie della Puglia, si viaggia a 80-100 km/h su binario unico, spesso su littorine a gasolio, con sistemi di sicurezza rudimentali.
Il Ministro Delrio ha proposto l’istituzione di una Commissione d’inchiesta su quanto accaduto. Ma occorre un tavolo di esperti, sprecare tempo e risorse per capire ciò che è chiaro a tutti i cittadini dotati di senno?
Da circa 3 anni treni e autobus delle Ferrovie Sud Est prendono fuoco con i passeggeri a bordo. Occorre aspettare la tragedia o il dissesto finanziario della società per capire che c’è qualcosa che non va?
Sempre più spesso vengono segnalati casi di barriere dei passaggi a livello che rimangono aperte, lungo le tratte delle FSE. In questi casi il personale segue un protocollo di sicurezza. La frequenza con cui si ripetono questi episodi, però, è preoccupante. Non ci si può affidare ad una procedura d’emergenza, lasciando che diventi ordinaria. Se una compagnia aerea sempre più spesso è costretta ad atterraggi d’emergenza, il fatto che non ci siano mai state vittime non basterà di certo a considerarla come una compagnia sicura. O si deve aspettare la sciagura per poi versare lacrime di coccodrillo, promettere inchieste e assicurare il colpevole alla giustizia?
I governi, quello attuale e i precedenti, hanno una grossa responsabilità, quella di aver fatto poco o nulla per mettere in sicurezza i sistemi di trasporto locale che versano in queste condizioni. E non potranno giustificarsi dicendo di non sapere. Non si parla solo di disservizi, ma di esigenze di sicurezza pubblica, per i pendolari e per i cittadini in generale.
Non si tratta di una questione esclusivamente legata al numero di binari. Certamente il doppio binario è più sicuro di quello unico e non si comprende il motivo per cui vengono investite ingenti risorse per ampliare le strade portandole a 4-6 corsie, mentre le ferrovie locali pugliesi siano destinate a rimanere a binario unico. Ma la questione più importante riguarda l’assenza di sistemi automatizzati di sicurezza, che arrivano anche a fermare la macchina nel caso un treno si trovi dove non dovrebbe.
La tecnologia attuale offre sistemi intelligenti, dove in caso di errore umano intervengono sistemi automatizzati a scongiurare disastri. Ma in alcuni ambiti il miglioramento della sicurezza si è fermato agli anni ’70, dove quasi tutto è affidato a protocolli che il personale deve seguire.
Le priorità evidentemente sono altre. Basterebbe dirottare gli stanziamenti dell’inutile TAV Torino Lione (destinata al traffico merci) al miglioramento del servizio e delle sicurezza delle vecchie reti ferroviarie. Evidentemente contano di più le merci che i pendolari pugliesi.
I giudici ora accerteranno qualche responsabilità, si parlerà di errore umano e tutti si laveranno la coscienza. Ma i veri colpevoli sono tutti coloro che hanno fatto figli e figliastri, sia ieri che oggi, che hanno aperto i rubinetti per finanziarie costosissime opere per alta velocità, ma hanno lasciato le ferrovie locali del sud Italia in condizioni indecenti destinando le briciole.
Ad uccidere quasi 30 persone e ferirne altre 50 è stata la leggerezza, la disattenzione, l’equivoco di qualche operatore ferroviario? O sono state delle sciagurate scelte politiche condotte e reiterate per decenni?
Articolo pubblicato originariamente su Tagpress