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Lecce la provincia pugliese con maggiore consumo di suolo. Trevisi: “Incentivare ristrutturazioni, riconversioni e bonifiche aree dismesse e risanamenti antisismici e a basso consumo energetico”.
La Puglia è la regione italiana che consuma più suolo, che più di tutte sottrae verde e paesaggio a favore di cemento e asfalto. Il dato è preoccupante, un po’ in tutta Italia, ma nella nostra Regione, quella più volte definita la più bella del mondo, ancora di più.
E’ l’ISPRA a dircelo, l’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale, relativamente all’anno 2015. In particolare la in Puglia è pari all’8,2%, confermando questo triste primato, già conquistato nella precedente osservazione. Tra le province pugliesi la classifica della peggiore è guidata proprio da Lecce con quasi 40mila ettari di terreno dati in pasto a cemento ed asfalto, pari al 14,3%. Tra i Comuni, in termini percentuali, il Comune che consuma più suolo è quello di Aradeo, con il 28%, (236 ettari consumati su 610), seguito da Taviano, con 576 ettari su 1.606 pari al 26%, e Castro con 118 ettari consumati su 330, pari ad un consumo del 26,4%.
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Su questo tema è intervenuto il capogruppo del M5S al Consiglio Regionale Antonio Trevisi: “Attualmente la legislazione italiana non è ancora attrezzata per difendere il capitale naturale non rinnovabile dei suoli e dei paesaggi. Si deve far lavorare sì il comparto edile, ma incentivando soprattutto ristrutturazioni, riconversioni e bonifiche di aree dismesse concedendo aumenti di cubatura con zero oneri di costruzione a chi realizza risanamenti antisismici e a basso consumo energetico ovvero di classe A o B. Va invece penalizzato l’uso di nuovo suolo concedendolo solo a piccole costruzioni autosufficienti dal punto di vista energetico (solo classe A con produzione di energia superiori ai consumi) e realizzate con pietre locali, legno e materiali rinnovabili.”
Il consigliere pentastellato ricorda come in alcuni Comuni medio-piccoli il cemento abbia occupato più della metà del territorio, con casi limite in cui gli spazi verdi sono ridotti a pochi frammenti “risparmiati quasi per sbaglio”.
Tutto questo comporta anche una anche una sensibile diminuzione delle aree dedicate all’agricoltura e quindi – aggiunge Trevisi – “una maggiore difficoltà nella produzione degli alimenti necessari al sostentamento delle popolazioni”.
“Sarebbe dunque auspicabile – prosegue Trevisi – un cambio di mentalità orientato al rispetto del territorio evitando quindi, dove possibile, l’eliminazione di aree verdi, puntando anche ad un recupero delle numerose costruzioni dismesse o in rovina che se ci fosse una normativa a supporto efficace, potrebbero essere ristrutturate e utilizzate per i più svariati scopi, riducendo dunque la cementificazione di nuove aree di territorio. Gli aumenti di cubatura senza oneri di costruzione per coloro che realizzano al contempo risanamenti antisismici ed edifici a basso impatto ambientale potrebbe essere un buon modo per cominciare ad affrontare un problema che, a lungo andare – conclude – potrebbe causare seri danni ecologici e avere gravi ripercussioni sulla qualità della vita”.