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“Solo il turismo dei ricchi porta soldi e i ricchi se ne fregano della cultura: cercano lusso, divertimento, turismo sul mare e posti per i yacht, non musei e masserie”.
Da Flavio Briatore è difficile aspettarsi il suo amore per il Barocco leccese, per la cultura e le tradizioni locali, l’interesse per la storia, per i luoghi di culto, per l’archeologia.
Briatore in tutta la sua vita ha avuto un’unica passione, quella degli affari. Ogni sfida in cui si è cimentato non è stata suggerita dall’interesse per una determinata attività, ma dal ritorno economico legato quell’attività. Della Formula 1 ha detto: “Non è uno sport, è un business”.
Cosa ci si può aspettare di sentire, quindi, da chi nella vita si è fatto guidare solo dal senso degli affari?
Al convegno “Prospettive a Mezzogiorno”, tenutosi ieri a Otranto, c’è stato il “Briatore show”. In pratica è stato quasi un monologo, con l’incapacità degli interlocutori di ribattere, quasi accondiscendenti, in cui viene esaltato quello che a suo dire è il turismo “d’elite”.
Per Briatore i ricchi cercano lusso e divertimento sfrenato, ristoranti e hotel extralusso sul mare, posti per i loro yacht. Non masserie, cascine, scogliere, B&B, alberghetti, prati, musei. Quella è roba per chi spende poco, sostiene il proprietario del Bilionaire. E’ quasi sprezzante con il turismo dei camperisti e da 4 soldi. D’altro canto è noto il suo pensiero classista.
Il turista ricco, a suo parere, ha bisogno di tutto e subito, se ne frega della cultura. Chi cerca cultura preferirà piuttosto andare a Roma o Firenze. Forse Briatore non ha idea del patrimonio storico, culturale e archeologico che può vantare il Salento. Né la politica e le istituzioni locali negli sono stati in grado di valorizzarlo come avrebbe meritato. Torna quindi ad essere nutrito lo stereotipo del “Salento solo spiagge”.
Eppure la ricchezza del Salento è inestimabile ed è anche stato candidato a diventare patrimonio dell’Unesco. Ma la cultura non può reggere il confronto col il dio denaro, soprattutto quando la prima latita. I capricci dei milionari pagano più della cultura… per i proprietari di queste attività extralusso.
Resta poi un po’ difficile credere che il turista “tipo” di cui parla Briatore è quello che va a visitare gli Uffizi.
Il denaro fa gola e diversi imprenditori presenti in sala pendono dalle labbra dell’ex manager della Renault. Qualcuno nel pubblico prova ad obiettare, a rifiutare questo tipo di turismo e questo tipo di strutture, poco coerenti con il territorio, ma viene sopraffatto da chi ha il sentore degli affari. E’ lo stesso Briatore a rispondere, affermando quasi stizzito che se non si fa così non si farà nulla, dicendo in sostanza che è solo la sua ricetta quella che funziona.
Chiaramente questa ricetta non è indifferente per il territorio e per essere attuata richiede anche una modifica dei luoghi, col rischio di stravolgere anche una fetta importante del territorio, già fin troppo minacciato.
Esistono diversi modelli di sviluppo turistico e le scelte sono politiche e di comunità, non solo imprenditoriali.
Anche molti cittadini comuni si fanno ammaliare dall’idea che il turismo “chic” porti molti soldi nel territorio, senza considerare chi è che effettivamente andrà ad incassarli e quanto andrebbe ad aumentare il costo della vita in quei territori che verrebbero convertiti al turismo di lusso; nemmeno si considerano con la dovuta ponderazione quali costi sarebbero costretti a sopportare i piccoli e medi imprenditori che resterebbero fuori dall’affare milionario. Quanto costa fare la spesa, prendere un gelato o una pizza a Montecarlo? Quanto costano gli affitti? E’ chiaro che questi costi andranno a scaricarsi sul consumatore, sul cittadino. Vorremmo davvero che Otranto, Gallipoli o altre località diventassero così?
E l’identità del territorio? Neanche a parlarne. Briatore, nell’esaltare i suoi locali extralusso sparsi per il mondo, annovera il suo resort kenyota “dove abbiamo realizzato una struttura – dichiara – in cui sembra tutto fuorché di stare in Kenya”. Dunque il turista ricco dovrebbe venire nel Salento per non sentirsi nel Salento.
Si tratta di progetti che distruggono le identità per omologarle ad un anonimo modello studiato a tavolino, che è lo stesso del Bilionaire, del Twiga, di Dubai e di tutte le strutture che nascono da questo marchio.
Ma se Briatore è nel Salento, non è per caso o per turismo. Come noto, in qualità di proprietario del Billionaire Lifestyle, ha stipulato un accordo con una cordata di imprenditori locali per l’apertura a Otranto del Twiga Beach, che entrerà in esercizio nel 2017. Tra i soci, di cui alcuni presenti in sala, si annoverano Luigi De Santis, figlio 27enne del braccio economico di Massimo D’Alema, Mimmo De Santis, proprietario del terreno su cui sorgerà il Twiga, Vincenzo Pozzi, imprenditore considerato vicino a D’Alema ed ex presidente ANAS (noto per aver ottenuto, per 3 anni e 7 mesi di carica, una liquidazione di quasi 1 milione 400 mila euro), Gabriele Sticchi, di Santa Cesarea, Emanuele Moscara.
Briatore coglie quindi l’occasione per “sponsorizzare” la bellezza del nascente stabilimento, invitando però la politica locale a provvedere alle infrastrutture di cui ha bisogno per sopravvivere. Perché – sostiene – “non può vivere da solo. Servono anche strade per arrivarci, aeroporti, infrastrutture che rendano facile raggiungerlo”.
Tra gli interlocutori presenti non sembrano esserci interventi degni di nota, salvo un timido “no” dell’Assessore Loredana Capone, che annuncia che non verranno autorizzati alberghi sul mare. Erano presenti anche il Sindaco di Otranto Luciano Cariddi, il Sindaco di Lecce Paolo Perrone, il Sindaco di Gallipoli Stefano Minerva e il Direttore di Matera 2019 Paolo Verri.
Solo il pubblico sembra avere le parole per dire qualcosa, ma non sono stati concessi interventi.
Pubblicato originariamente su TagPress.it