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Per il post xylella ormai si pensa ad un’olivicoltura intensiva e superintensiva. Verrà dimostrato che le cultivar adatte a questo tipo di coltura sono anche “resistenti”.
La ricerca su xylella e CoDiRO, se così la si può chiamare, è ormai orientata verso la ricerca di varietà di ulivi “resistenti” o “tolleranti” all’azione del batterio della xylella fastidiosa o di chi per lui. I risultati delle sperimentazioni del Crea, dell’Università di Foggia e dell’Università della Basilicata, sembrano non interessare, malgrado i risultati incoraggianti ottenuti.
Ad interessare maggiormente sono gli innesti di nuove cultivar sui tronchi di ulivi capitozzati o, meglio ancora, il reimpianto di ulivi appartenenti a varietà considerate resistenti. Quest’ultima opzione però non è ancora praticabile dagli agricoltori, in virtù del divieto di reimpianto nel Salento di piante ospiti ospiti del batterio, ancora in vigore.
A Presicce è stato dato vita al progetto denominato “Xylella quick time tollerance” (test veloce di tolleranza alla Xylella) realizzato dall’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (IPSP) del CNR di Bari, dall’Università di Bari e dal Centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura (CRSFA) “Basile Caramia”, con la collaborazione di Coldiretti Lecce e di Giovanni Melcarne, imprenditore agricolo e presidente del consorzio Dop Terra d’Otranto.
In un campo sperimentale di 12 ettari verranno innestati su mille ulivi secolari 250 varietà. Saranno 5000 in totale gli innesti. L’obiettivo è quello di redigere una scala di tolleranza del batterio.
Dei campi sperimentali sono stati anche realizzati a Gallipoli, il cui territorio continua a rivelarsi come un laboratorio a cielo aperto. Infatti, nell’area dove sono stati rinvenuti i primi focolai di xylella, o quantomeno i primi casi disseccamento, in precedenza era stato allestito un campo sperimentale contro la lebbra dell’ulivo, con il massiccio uso di fitofarmaci e pesticidi, che è tuttora oggetto di indagini da parte della Procura di Lecce.
Tornando ai nostri giorni, proprio qui è stato avviato un progetto scientifico pilota nello scorso marzo scorso dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e dal CNR di Bari, in collaborazione con APROL. In un campo di un ettaro circa sono state piantate 300 piante di ulivo appartenenti dieci diverse varietà a cui è stato inoculato tramite sputacchina il batterio.
Le varietà scelte sono: Cellina di Nardò, Frantoio, Leccino, Coratina, Cima di Melfi, Arbequina, Arbosana, Koroneiki, FS 17 e Don Carlo.
La Cellina è considerata più vulnerabile al CoDiRO, ma è anche inadatta alla coltura intensiva. Arbequina, Arbosana, Cipressino, Coratina, Frantoio, Fs-17®, Leccino e Urano®, invece, sono quelle utilizzate nei campi sperimentali di Cassano Murge e Valenzano dal Dipartimento PRO.GE.SA dell’Università di Bari per analizzare la loro adattabilità al superintensivo.
Alcune di queste varietà sono anche considerate resistenti al disseccamento. Una coincidenza che va a favorire un piano di conversione olivicola già allo studio da diversi anni, ma che ora che si stia per concretizzare.
Gli studi sull’olivicoltura intensiva e superintensiva da parte dell’Università di Bari sono iniziati già nel 1999. Tra i principali protagonisti del progetto spiccano i ricercatori Angelo Godini, Salvatore Camposeo, Francesco Bellomo. I primi già diversi anni fa, quando ancora la xylella era conosciuta solo in America, sostenevano che per salvare l’olivicoltura pugliese bisognasse rimettere mano alle leggi sull’abbattimento degli alberi ed eliminare tutti gli uliveti “in esubero” e favorendo un passaggio all’olivicoltura intensiva e superintensiva, che passerebbe dai campi sperimentali dell’Università di Bari.
Che la strada che si vuole percorrere sia quella del superintensivo per il futuro dell’olivicoltura ci sono pochi dubbi. Infatti gli olivicoltori si stanno già preparando per il dopo xylella.
Tant’è che APROL, nello scorso febbraio ha organizzato un corso di formazione per tecnici ed operatori della filiera olivicola, dal titolo L’innovazione in olivicoltura, della durata di due giorni con tre moduli tutti dedicati all’intensivo e al superintensivo: Strategie e nuovi modelli culturali per migliorare la competitività dell’olivicoltura, Aspetti quali-quantitativi della produzione in oliveti superintensivi, La potatura degli oliveti intensivi e superintesnivi, con giornata dimostrativa in campo. La docenza è stata affidata al professor Camposeo.
Pubblicato originariamente su TagPress.it