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Diverse ipotesi di reato a carico di due avvocati leccesi: truffa aggravata, infedele patrocinio, falso in atto pubblico infedele patrocinio.
Truffa aggravata, autoriciclaggio, falso in atto pubblico e patrocinio infedele: sono queste le ipotesi di reato per le quali due avvocati leccesi, Francesco D’Agata e Graziano Garrisi, sono finiti in manette all’alba.
Francesco D’Agata, 39 anni, insieme al padre Giovanni, lavora per lo Sportello dei Diritti, una ONLUS leccese nata per tutelare i diritti dei cittadini e denunciare misfatti e disservizi. L’altro avvocato arrestato è Graziano Carrisi, di 38 anni.
Le ordinanze di custodia cautelare a danno dei due avvocati sono state firmate dal Gip Cinzia Vergine su richiesta del Sostituto Procuratore Massimiliano Carducci. Sono stati sottoposti a sequestro anche conti correnti facenti capo agli stessi, mentre la polizia giudiziaria sta provvedendo in queste ore sono a perquisizioni presso le abitazioni e gli studi legali degli stessi.
Garrisi è attualmente agli arresti domiciliari, mentre D’Agata, almeno per ora, resterà in carcere.
I dettagli dell’inchiesta
La vicenda è piuttosto complessa e i provvedimenti giudiziari eseguiti questa mattina, sono il frutto di un meticoloso lavoro investigativo condotto dagli uomini della Guardia di Finanza di Lecce, coordinati dal colonnello Francesco Mazzotta.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, una donna senegalese aveva subito un brutto incidente stradale, che le ha procurato dei gravi danni permanenti al volto. Si era quindi fatta assistere da Francesco D’Agata per ottenere un congruo risarcimento danni.
D’Agata sarebbe riuscito a ottenere 600 mila euro dal Fondo Vittime della Strada, di cui tre quarti sarebbero stati incassati da lui, mentre la donna ne avrebbe ottenuti solo un quarto. Per questo l’avvocato avrebbe falsificato una sentenza del Tribunale di Trieste, facendo credere alla sua cliente che il risarcimento ottenuto fosse di 300 mila euro e di averne trattenuti a titolo di compenso 140 mila, mentre alla donna sarebbero spettati 160 mila euro.
Non solo. Sarebbe stato aperto anche un conto corrente intestato alla donna senegalese, ma a sua insaputa. Era l’avvocato Garrisi, secondo gli inquirenti, ad utilizzare bancomat, carta di credito e le somme depositate nel conto. Il legale sarebbe stato incastrato dalle immagini degli impianti di videosorveglianza del bancomat.
Le somme indebitamente acquisite sarebbero state utilizzate per fini personali e per pagare gli stipendi dei dipendenti del suo studio. Di qui anche l’accusa di autoriciclaggio. Garrisi avrebbe avuto un ruolo secondario, ma è comunque implicato in concorso con D’Agata.
Le indagini non sono ancora concluse e ci sono molti aspetti ancora da chiarire.
Articolo pubblicato in origine su Tagpress