“Voto al referendum costituzionale non si riduca a plebiscito pro/contro Renzi. E’ una riforma pasticciata e mal scritta”. Le ragioni del NO dei comitati in 10 punti.
Il Comitato “Renata Fonte”, di Taviano, ed il Comitato Possibi-le, con sede a Lecce, si uniscono a sostegno del NO al referendum costituzionale sull’approvazione della riforma della seconda parte della Costituzione voluta dal Governo Renzi. “Possibile” è un’organizzazione politica fondata nel 2015 da Beppe Civati, che raccoglie molti ex PD, fuoriusciti dal Partito Democratico per profonde divergenze con la linea politica di Renzi.
I due comitati intercomunali di Possibile della provincia di Lecce spiegano le loro ragioni per il NO al Referendum del 4 dicembre prossimo. I portavoce Diego Dantes, del Comitato Possibi-Le, e Manuel Martucci e Laura Isernio, del Comitato “Renata Fonte”, spiegano così la loro avversione alla riforma, invitando gli elettori a non considerarlo come un voto politico, favorevole o contrario a questo governo:
“Ci sono ottime ragioni, riteniamo profondamente di merito, perché il referendum di dicembre non si riduca a un plebiscito pro/contro Renzi. Non è questo il punto. Si tratta di una riforma pasticciata e mal scritta che anziché snellire il procedimento legislativo lo appesantisce. Votare NO è importante, diremmo essenziale per la vita democratica del paese. Il referendum rappresenta una grande occasione per la politica italiana, perché in una democrazia solida le regole fondamentali devino essere patrimonio comune il più possibile condiviso. La vittoria del NO consentirebbe di costruire insieme una nuova proposta, capace di guardare in faccia i problemi del Paese”.
I comitati articolo in 10 punti le ragioni a sostegno del NO in questa campagna referendaria, che riportiamo di seguito integralmente:
1. Il Senato non viene abolito: viene eliminato il voto dei cittadini. A eleggere i senatori saranno i consiglieri regionali.
2. Il nuovo Senato sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica per 7 anni. Così diventa, in sostanza, un “dopolavoro” per sindaci e consiglieri regionali, gli stessi degli scandali degli anni passati, che godranno di immunità parlamentare. Come riusciranno i sindaci (o consiglieri regionali) a svolgere minuziosamente entrambe le attività è difficile comprensione.
3. Il numero di deputati rimarrà di 630, lasciando così una Camera pletorica con le stesse altissime indennità. Ed il risparmio che viene annunciato (i circa 500 milioni di Euro annunciati più volte dal Governo, si scontrano con le stime della Ragioneria dello Stato, elaborate e trasmesse il 28 ottobre 2014 su richiesta dello stesso ministero delle Riforme.).
4. Le competenze del Senato resteranno numerose, su diverse materie e molto gravose. Anche per questo caso vale ragionamento fatto in precedenza: come faranno i sindaci e consiglieri regionali a coniugare mandato territoriale e mandato senatoriale?
5. La semplificazione è in realtà un miraggio: aumenteranno le procedure legislative e la divisione per materie causerà conflitti di attribuzione.
6. Si crea una sproporzione totale rispetto alla Camera, assolutamente priva di senso: avremo 100 senatori da una parte e 630 deputati dall’altra. I primi eleggeranno due giudici costituzionali, i secondi solo tre, per fare un esempio.
7. Il Senato non costituirà un contropotere esterno rispetto alla Camera, non avendo particolari poteri di inchiesta e controllo. Non sono previsti neppure contropoteri interni alla Camera.
8. Grazie all’Italicum, che garantisce 340 seggi alla Camera a prescindere dai voti ottenuti, si andrà verso un “premierato assoluto” dato che solamente la Camera darà la fiducia.
9. La riforma restringe le possibilità di partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche.
10.La riduzione dei costi è minima, nemmeno paragonabile a quanto si otterrebbe dal dimezzamento di deputati e senatori, dato che i nuovi senatori godranno comunque di rimborsi e diarie. Come già detto (i circa 500 milioni di Euro annunciati più volte dal Governo, si scontrano con le stime della Ragioneria dello Stato, elaborate e trasmesse il 28 ottobre 2014 su richiesta dello stesso ministero delle Riforme.).
Articolo pubblicato in origine su Tagpress