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Ritardi dell’interconnessione SNAM pregiudicherebbero cronoprogramma di TAP ed entrata in esercizio nel 2020.
La questione relativa al gasdotto TAP non può essere letta solo secondo una prospettiva locale. Non è solo una questione circoscritta al territorio di Melendugno. Il gasdotto TAP rappresenta solo una sezione di un mosaico, che si compone di tanti tasselli, molti dei quali potrebbero non riuscire ad entrare nell’intero disegno.
Fin dall’inizio si è motivata la strategicità di questa opera con la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, soprattutto a causa della crisi tra Russia e Ucraina, che avrebbe potuto – dicono – lasciare senza gas l’intera Europa.
Per questo si sarebbe scelto di affidarsi all’Azerbaijan, che oltre al caviale e generose elargizioni a non meglio precisate (e talvolta be precisate) società e fondazioni, non è che offra maggiori garanzie della Russia.
A parte la vacuità di questo disegno apocalittico, ciò che appare interessante è che probabilmente l’Aezerbaijan non ha sufficiente gas per rifornire l’Europa, quindi il Paese potrebbe a sua volta doverlo importare proprio dalla Russia.
Quindi l’idea di partenza è quella di diversificare le fonti di approvvigionamento, per affrancarsi dal gas russo, finendo per acquistare sempre gas russo, ma dall’Azerbaijan.
Il punto di partenza e il punto d’arrivo sono uguali, cambia solo strada.
Ritornando al mosaico, il gas dovrebbe partire dall’Azerbaijan e arrivare in Turchia attraverso il gasdotto TANAP. TAP si innesterebbe al TANAP e percorrerebbe Grecia, Albania per poi giungere a Melendugno.
Il terminale di ricezione si trova a 8 chilometri dalla costa di San Foca, precisamente nell’area della Masseria del Capitano, al confine con Vernole. Da qui dovrebbe percorrere oltre 50 chilometri, attraverso il gasdotto di Interconnessione SNAM, per arrivare a Brindisi, dove il gas verrebbe immesso nella rete.
Ma non è finita qui. Per far arrivare il gas al resto d’Italia e in Europa è previsto un ulteriore progetto, lo SNAM Rete Adriatica, che dovrebbe attraversare, oltre alla Puglia, il Molise, l’Abruzzo, l’Umbria, le Marche, fino ad arrivare a Minerbio, in Emilia Romagna.
Basta che uno solo di questi tasselli salti per rende inutilizzabile tutto il resto e precisiamo che TAP, secondo il cronoprogramma, dovrebbe entrare in esercizio entro il 2020.
Ci siamo occupati ampiamente delle difficoltà di TAP in Italia, abbiamo dato qualche cenno sulla situazione non proprio florida in Grecia e in Albania.
Poco abbiamo parlato della situazione a livello internazionale e della situazione di instabilità che regna attualmente in Turchia, che rappresenta il terminale del TANAP.
Abbiamo anche detto delle criticità del progetto SNAM Rete Adriatica, il cui tracciato attraversa zone altamente sismiche e soggette a smottamenti.
Senza l’Interconnessione SNAM – TAP il gasdotto si fermerebbe a Melendugno e il gas non potrebbe nemmeno essere immesso nella rete. Pertanto il progetto di Interconnessione è come parte integrante del TAP.
Questo progetto è in fase di valutazione di impatto ambientale (VIA) e non tutto sembra filare liscio, anzi. Il Ministero per i Beni culturali ha richiesto la verifica di compatibilità progetto con il PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), a cui SNAM ha risposto con l’invio, in data 11 novembre 2016, di 73 elaborati tecnici.
Per SNAM, che detiene il 20% delle azioni di TAP, questo potrebbe comportare un significativo ritardo, in quanto pregiudicherebbe la possibilità che i lavori possano partire entro gennaio 2017, in modo da completare l’opera entro il 2019, consentendo quindi a TAP di entrare in esercizio entro il 2020.
Se si pensa che TAP ha ottenuto il decreto di compatibilità ambientale l’11 settembre 2014 (cioè oltre 2 anni fa) e ancora non ha dato avvio ai lavori, possiamo immaginare come sia difficile rispettare i tempi.
Il Comitato No TAP torna a sottolineare, come aveva fatto in passato, la stretta correlazione funzionale tra TAP e l’Interconnessione SNAM, che – a suo parere – avrebbero dovuto essere considerate ed esaminate come un’unica opera, da sottoporre ad un unico procedimento di VIA.
“Questa nuova tegola non fa che rafforzare l’ipotesi – scrive il Comitato – che l’opera nel complesso, Interconnessione SNAM più TAP, non abbia tenuto conto degli impatti cumulativi nella sua interezza.
È quanto mai chiaro che i due tratti di gasdotto possono esistere se reciprocamente ideati e progettati e che la loro separazione, operata dal consorzio TAP, nell’aprile del 2012 elude la normativa in materia di VIA, anche di questo parlano i ricorsi di Comune e Regione.
C’è da notare che anche SNAM fa parte con 20% del consorzio TAP, ma si è pensato di dividere l’opera in due tronconi,di cui il tratto in questione a spese dello stato con un costo di circa 190 milioni i €(fonte VIA presentata al ministero)”.
Articolo pubblicato originariamente su TagPress