Tralasciando le opinioni delle varie forze politiche, più che altro condizionate dal proprio orientamento politico, che non da una corretta lettura della Costituzione, gli esperti di diritto costituzionale non hanno una visione unanime.
In generale chi ricopre un incarico istituzionale tende ad avere un atteggiamento più prudente, salvando l’operato di Mattarella, mentre gli accademici tendono ad essere più critici.
Valerio Onida, professore emerito di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano, già presidente della Corte Costituzionale, intevistato da Class Cnbc, afferma che ‘Mattarella ha esercitato al limite delle sue prerogative uno dei suoi poteri, arrivando a interpretazioni della Costituzione che secondo me non sono giuste. […] La scelta di Mattarella di impedire la formazione di un governo dopo una lunga trattativa tra i due partiti mi ha sorpreso, mi sembra abbastanza impropria. Nel nostro sistema la formazione dei governi dipende essenzialmente dalla presenza o meno di una maggioranza in Parlamento. Il governo non è una dipendenza del capo dello Stato, bensì una dipendenza del suo Parlamento, della sua maggioranza. Non dare vita a un governo per la presenza di una persona e le possibili idee politiche che potrebbe portare avanti, mi sembra andare al di là di ciò che dice la Costituzione quando parla della formazione di governo.’
‘Il capo dello Stato – aggiunge – si è opposto per ragioni politiche, non personali. A mio parere Mattarella è andato contro l’idea che il nostro sistema è un sistema parlamentare. Se Mattarella avesse avuto obiezioni in merito al programma di governo, avrebbe potuto farlo presente, rilevando aspetti di incostituzionalità. Ma non si è opposto per nulla al contratto di governo. Si è opposto solo a una persona, temendo che potesse mettere in pericolo la stabilità dei mercati finanziari, e la difesa dei risparmiatori. Così facendo si dà ai creditori dello Stato un potere immenso, che va al di là delle obbligazioni di un debitore. Un debitore non può diventare così politicamente asservito da accettare ingerenza sulla maggioranza. In questo caso mi sembra sia andato un po’ troppo oltre.’
Secondo Cesare Mirabelli, Presidente emerito della Corte Costituzionale, invece, Mattarella ha esercitato una prerogativa, ha agito nei limiti della Costituzione. Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Clementi, dell’Università di Perugia, il quale sostiene che si stia facendo strumentalizzazione del Capo dello Stato e della Costituzione.
L’associazione Giuristi Democratici parla di ‘una grave sconfitta della democrazia’:
‘E’ ben vero che l’art. 92 della Costituzione assegna al Presidente della Repubblica potere di nomina dei Ministri. Tuttavia spetta al Presidente del Consiglio incaricato, la proposta dei nomi. In tali casi la responsabilità politica dell’atto ricade sul Presidente del Consiglio incaricato, ed il controllo che su tale atto può essere esercitato dal Presidente della Repubblica non può mai assumere i contorni di una verifica sulle opinioni espresse dal ministro proposto.
Ed insomma, il rifiuto alla nomina non può mai fondarsi su un giudizio politico sul soggetto, ma solo su una sua inidoneità giuridica a ricoprire l’incarico. Questo perché, di fronte alla maggioranza parlamentare che indica un possibile governo, il Presidente della Repubblica svolge un attività politicamente neutra, e non può sovrapporre il proprio indirizzo politico a quello del Parlamento.
Va ricordato che il Presidente della Repubblica ha altre forme di controllo sulle possibili violazioni della Carta Costituzionale. Egli può, infatti, rifiutare di firmare eventuali atti che violassero palesemente la Costituzione. Il sistema è poi ulteriormente garantito dalla previsione di una Corte Costituzionale.’
Si aggiunge poi:
‘Non convincono poi le ragioni addotte. Quando il Presidente dichiara che: “la designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari”, facendone da ciò discendere il rifiuto della nomina di Paolo Savona, attribuisce agli “operatori economici e finanziari” un potere di interferenza nei meccanismi della democrazia costituzionale che non ha ragione di essere. Secondo il nostro ordinamento sono le scelte degli elettori che determinano la nascita del Governi, non le reazioni dei mercati finanziari.’
Sostanzialmente sono d’accordo un po’ tutti giuristi sulla mancanza dei presupposti per l’impeachment (la messa in stato d’accusa), convinti che la crisi istituzionale debba essere risolta diversamente.
I manuali di diritto costituzionale
Consultando i vari testi di diritto costituzionale utilizzati nelle Università italiane si stabilisce chiaramente che il Presidente della Repubblica non possa rifiutare alcuna nomina, se non in casi eccezionali per palese mancanza dei requisiti richiesti per ricoprire l’incarico.requisiti civili e di eleggibilità
Addirittura sul sito web del Governo, sotto la scheda relativa alla formazione dell’Esecutivo, è scritto che:
‘Una volta conferito l’incarico, il Presidente della Repubblica non può interferire nelle decisioni dell’incaricato, né può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici.’