Quali sono i limiti del potere di nomina dei ministri da parte del Presidente della Repubblica? Basta l’articolo 92 della Costituzione a legittimare il veto di Mattarella? Ecco casa dicono i giuristi e i manuali di diritto costituzionale.
Con il veto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla nomina a Ministro dell’Economia di Paolo Savona, indicato da Giuseppe Conte, si è creata una nuova frattura sociale e istituzionale tra chi, da un lato, difende il veto di Mattarella al contempo attaccando simpatizzanti ed elettori di Lega e M5S, e coloro, dall’altro, che criticano fortemente il Presidente della Repubblica fino a consideralo responsabile di altro tradimento.
E’ legittimo o illegittimo il comportamento di Mattarella?
I difensori di Mattarella ricordano i precedenti di Presidenti della Repubblica che rifiutarono delle nomine:
- 1979: Sandro Pertini rifiuta nomina di Clelio Darida al Ministero della Difesa;
- 1994: Oscar Luigi Scalfaro rifiuta di nominare Cesare Previti al Minstero della Giustizia;
- 2001: Carlo Azeglio Ciampi dice di no alla nomina di Roberto Maroni al Ministero della Giustizia;
- 2014: Giorgio Napolitano rifiuta di nominare Nicola Gratteri al Ministero della Giustizia.
Più che fare una lista dei precedenti in cui si sia verificato un rifiuto da parte del Presidente della Repubblica di accogliere una proposta di nomina di un ministro, occorre analizzare i motivi che hanno determinato una tale decisione e soprattutto comprendere quando è legittimo per il Capo dello Stato porre dei veti, quando si muove nei limiti della Costituzione e quando invece li travalicherebbe.
Cosa dice la Costituzione?
La Costituzione stabilisce che è il Presidente della Repubblica a nominare sia il Presidente del Consiglio che i singoli ministri, senza specificare i limiti di questo potere, i quali sono piuttosto elastici e vanno dedotti soprattutto in considerazione della funzione di garanzia costituzionale e della sua natura di organo super partes (al di sopra delle parti). Bisogna sottolineare che la Costituzione non si esprime solo attraverso ciò che è scritto.
Ecco cosa stabilisce l’articolo 92:
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.’
Il Capo dello Stato non ha funzioni di Governo, ma rappresenta il cardine di un insieme di contrappesi istituzionali pensati per tenere un equilibrio tra i vari organi e i vari poteri.
Ha il potere di nominare il Presidente del Consiglio, ma per consuetudine costituzionale (non ci sono regole scritte in merito) lo fa dopo aver consultato le varie forze politiche ed essersi assicurato che possa godere della fiducia del Parlamento (che si esprime attraverso un voto).
Va ricordato che il Governo può formarsi validamente e restare in carica solo se avrà la fiducia della maggioranza dei parlamentari.
Una volta nominato il premier si passa quindi alla nomina dei Ministri, che come specificato dall’articolo 92, spetta al Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio.
In tutto ciò il Capo dello Stato non ha potere di indirizzo politico e la scelta di opporsi alla nomina di un determinato Ministro non può essere dettato da motivazioni di tipo politico, ma deve essere legata a ragioni di incompatibilità, di garanzia del corretto funzionamento delle istituzioni e dell’equilibrio tra i poteri. Ad esempio, il rifiuto di Scalfaro, nel ’94, di nominare Cesare Previti Ministro della Giustizia, era dovuto a ragioni di inopportunità e incompatibilità, in quanto Previti era l’avvocato personale dell’allora premier Silvio Berlusconi.
Le ragioni del No a Savona
Nel caso del veto di Mattarella posto sul nome di Paolo Savona, le ragioni sembrano di tipo prettamente politico. Savona ha un curriculum di tutto rispetto, avendo collaborato tra l’altro anche con Franco Modigliani, uno dei più importanti economisti del secolo scorso; ha lavorato presso la Banca d’Italia, è stato un accademico e ricercatore a livello internazionale, è stato già Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato durante il governo Ciampi, è stato a capo del Dipartimento delle Politiche comunitarie (2005-06), nonché membro dell’OCSE. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.
Un luminare dell’economia che però, secondo Mattarella, non poteva diventare nuovamente Ministro.
Le ragioni sono legate alle sue posizioni sull’Unione Europea. Ha criticato i parametri di Maastricht e aveva ritenuto negli anni ’90 che l’Italia non fosse pronta per entrare nell’euro, purtuttavia dichiarandosi favorevole alla creazione di un mercato unico e di una moneta unica, ma invocando delle riforme sulla politica monetaria ed economica dell’UE, ravvisando tra i principali problemi dell’euro la mancanza di uno stato unitario.
Le affermazioni più controverse sono le critiche rivolte alla Germania, ritenuta egemone nel sistema economico europeo. In particolare, ha dichiarato che l’Unione Europea ‘non esiste, è solo una Germania circondata da pavidi’, che starebbe imponendo agli altri Stati membri un predominio di tipo economico-finanziario.
Può quindi il Presidente della Repubblica rifiutare di nominare un Ministro per questo tipo di osservazioni e critiche? Rientra nella sua prerogativa istituzionale o è andato oltre adottando una decisione che solo natura politica?
Mattarella ho motivato la sua decisione sostenendo di aver dovuto difendere i ‘risparmi degli italiani’ e la ‘stabilità dei mercati’. Si evince chiaramente dalle sue parole che la decisione sia stata influenzata dalle notizie sui mercati internazionali, sullo spread e della loro fiducia nella nostro economia.
Non ha voluto che si percepisse a livello internazionale che la linea del Governo ‘potrebbe provocare probabilmente, o addirittura inevitabilmente, la fuoriuscita dell’Italia dall’euro’, aggiungendo che ‘l’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori […] L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali.’
Il Capo dello Stato rivendica la legittimità del proprio operato, sostenendo di aver esercitato il proprio ruolo di garanzia ‘che – afferma – non ha mai subito, né può subire, imposizioni’, e di aver agito per ‘la difesa della Costituzione e dell’interesse della nostra comunità nazionale’.
Un semi-presidenzialismo di fatto?
Nonostante i precedenti prima menzionati, il veto di Mattarella su Savona si presenta come un atto straordinario, quantomeno nelle motivazioni, adottato in un contesto molto particolare frutto degli effetti di una legge elettorale che di fatto toglie prestigio al Parlamento e assegna un ruolo inedito al Presidente della Repubblica e può usare ampia discrezionalità nella formazione del Governo, con il rischio di snaturare il suo ruolo di garanzia.
Il rischio maggiore è quello di avere un semi-presidenzialismo di fatto (nonostante la Costituzione preveda una forma di governo di tipo parlamentare), dove però né il Presidente della Repubblica né il premier sono eletti dal popolo, mentre l’unico organo elettivo, il Parlamento, assume un ruolo via via sempre più marginale.
Il veto di Mattarella si presenta come un atto di politica economica, che si cerca di giustificare con il perseguimento di obiettivi supremi. Questo crea un pericoloso precedente di condizionamento della politica, che può espandersi anche in altri settori. Si potrebbe avere, ad esempio, un veto su un Ministro del lavoro che ha in mente un riforma del lavoro non gradita al Capo dello Stato, il quale potrebbe giustificare la propria azione in nome di un interesse superiore.
Prima di vedere come la pensano i giuristi, andrebbero fatto due ulteriori considerazioni.
Probabilmente l’uscita dalla moneta unica non è una scelta saggia, ma comunque Mattarella sembra aver lanciato un avvertimento, ossia che non farà mai passare un provvedimento, una legge, un referendum che possa mettere in dubbio la permanenza dell’Italia nell’euro.
E’ come blindare un argomento sul quale negli altri Paesi dell’UE il dibattito resta aperto ad ogni possibilità. In Gran Bretagna i cittadini hanno avuto la possibilità di decidere se rimanere nell’Unione Europea o uscirne (Brexit), senza che nessuna istituzione potesse impedirlo.
La seconda considerazione riguarda la scelta di propria sponte di Mattarella, senza consultare le forze politiche, di nominare un Presidente del Consiglio traghettatore, Carlo Cottarelli, senza che questi godesse di una maggioranza, senza passare dalla fiducia del Parlamento, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 94 della Costituzione:
‘Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.’
Sono saltate in questa occasione le consuetudini costituzionali ed il rigore delle procedure costituzionali.