Un’informazione distorta fa passare lo spacciatore scarcerato in quanto lo spaccio è l’unica fonte di sostentamento, ma la realtà è ben diversa. Ecco cosa ha deciso il Tribunale del riesame e perché.
Spacciatore scarcerato perché è l’unica fonte di sostentamento? È una bufala o, più che altro, una distorsione dell’informazione.
La notizia, pubblicata dalla testata di casa Berlusconi, è stata rilanciata in maniera tendenziosa dal vicepremier della Lega Nord Matteo Salvini, quindi divenuta virale grazie ai suoi seguaci. Ma la realtà è assai diversa da quella che appare nei commenti e nei titoli scelti dalla testata berlusconiana.
Il titolo dell’articolo in questione, a firma di Paola Fucilieri, pubblicato il 29 agosto 2018, è il seguente:
‘Il pusher rimesso in libertà: “Si mantiene con lo spaccio”‘
Seguito dal sottotitolo:
‘Il tribunale di Milano scarcera un clandestino «Vendere droga è la sua sola fonte di sostentamento»’
Dalla lettura di titolo è sottotitolo viene fuori una facile associazione: lo spacciatore è stato scarcerato perché è la sua unica fonte di reddito.
Ma, aprendo l’articolo, già dalla prima frase è scritto che la scarcerazione è avvenuta per l’assenza di gravi indizi di colpevolezza:
‘I giudici del Tribunale del riesame di Milano, concordando con l’avvocato difensore, il 18 luglio hanno fatto cadere le accuse a suo carico sentenziandone la scarcerazione per «assenza di gravi indizi».’
Viene rimarcata sia nel titolo e nel sottotitolo il fatto che il presunto pusher si mantiene con lo spaccio, in modo da attirare l’attenzione del lettore medio. Se invece il titolo fosse stato ‘Il pusher rimesso in libertà: “assenza di gravi indizi”‘, sarebbe passato probabilmente inosservato. Perché ciò che fa notizia è lo straniero cattivo e colpevole e i giudici che si inventano provvedimenti bislacchi.
Principalmente gli utenti di internet non approfondiscono la notizia, non aprono nemmeno l’articolo, fermandosi al titolo e questo già è sufficiente a generare una falsa percezione della realtà.
Cosa è successo realmente?
Innanzitutto partiamo col dire che nell’ordinamento italiano, ma anche di tutti gli altri Paesi democratici, nessuno può essere condannato senza che prima sia stato fatto un processo. E una condanna non può essere eseguita se prima non è stata emessa una condanna definitiva.
Nella circostanza un gambiano di 31 anni era stato arrestato a Milano per possesso di 5 pastiglie di ecstasy e rinviato a giudizio per direttissima (saltando, cioè, l’udienza preliminare) e, in attesa di giudizio, è stato sottoposto a custodia cautelare in carcere.
La misura cautelare (come la custodia in carcere) non è una condanna e richiede due presupposti: gravi indizi di colpevolezza e un’esigenza cautelare, che può essere rappresentata dal pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove oppure pericolo di reiterazione del reato di spaccio (o reati della stessa indole).
L’immigrato, che ancora deve affrontare il processo, ha presentato ricorso al Tribunale del riesame, organo che non ha il compito di decidere sulla colpevolezza di una persona, ma solo quello di decidere sull’applicazione delle misure cautelari (custodia cautelare, arresti domiciliari, obbligo di dimora, obbligo di firma, ecc….).
I giudici hanno quindi deciso di revocare la custodia cautelare sostituendola con la misura del divieto di dimora nei territori del Comune di Milano, in quanto il reato per il quale l’uomo dovrà essere giudicato è “spaccio di lieve entità” (art. 73 quinto comma del DPR 309/90), che prevede una pena inferiore ai quattro anni. E per reati che prevedono pene di questa entità, in base alla legge, il soggetto non può essere tenuto in carcere in attesa di giudizio.
L’uomo, infatti, non è stato colto in flagranza di reato, ma è stato arrestato solo in quanto in possesso con 5 pasticche, il che renderebbe applicabile (sempre se provato in giudizio), appunto, il reato di “spaccio di lieve entità”. Non c’è nulla di strano, il Tribunale del riesame ha solo applicato la legge.
Cosa significa allora ‘che lo spaccio appare l’unico modo per mantenersi’?
E veniamo al nocciolo della questione. La vicenda sarebbe passata inosservata e non sarebbe nato un caso nazionale senza quel titolo da strillone: ‘Il pusher rimesso in libertà: “Si mantiene con lo spaccio”‘. Sarebbe bastato rispettare i canoni del buon giornalista per non creare confusione ed equivoci, ma il risultato in termini di click e clamore non sarebbe stato lo stesso.
L’articolo ha stravolto il senso di quel passaggio sullo spaccio come unico mezzo di sostentamento del presunto spacciatore contenuto nel provvedimento del Tribunale del riesame. Ha fatto passare il messaggio secondo il quale questo sia stato il motivo della scarcerazione, mentre invece quella considerazione fatta dai giudici serve a giustificare l’applicazione del divieto di dimora.
In poche parole i giudici dicono che è vero che l’uomo non può stare in carcere in attesa di giudizio, ma bisogna comunque applicare delle misure cautelari, in quanto non avendo ‘alcun provento derivante da attività lavorativa, lo spaccio appare l’unico modo per mantenersi’. Per questo, visti anche i precedenti del soggetto, ‘va applicato il divieto di dimora nei territori del Comune di Milano, onde ad allontanare il ricorrente dal contesto territoriale in cui ha operato’.
Pur non essendo tecnicamente una bufala, si tratta di una notizia trattata da IlGiornale con molta superficialità, che ha avuto l’effetto di distorcere la realtà dei fatti, con un titolo e un sottotitolo ingannevoli, che spingono il lettore poco avveduto a credere erroneamente che il presunto spacciatore sia stato scarcerato sol perché lo spaccio sia per lui l’unica fonte di sostentamento. Ma come spiegato, non è così.
E ancora una volta Salvini, che è pure Ministro dell’Interno, ha colto l’occasione di rilanciare una notizia falsa, per portare acqua al suo mulino.
Se non vi fidate di questa spiegazione giuridica su quanto accaduto, si suggerisce di leggere quella del professor Guido Saraceni, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università di Bologna.
Il professor Saraceni ha colto anche l’occasione di bacchettare gli studenti di giurisprudenza che ci sono cascati:
La vera bufala è questo squallido tentativo di farla passare per una bufala. Quella frase sul sostentamento da spaccio è stata scritta veramente, ed è gravissimo
Vorrei fare solo due considerazioni:
– Se fosse stato un italiano il clamore per questo articolo sarebbe stato lo stesso
– Se poi è stato scritto dai giudici che”…lo spaccio appare l’unico modo per mantenersi…”, allora è giustificato anche chi ruba al supermercato se non ha altri modi per mantenersi!!!!
Meno male che in Italia ci sono i professoroni!!
Il diritto ad esprimere un’opinione è un diritto fondamentale. Quello di conoscere i fatti sui quali si esprime un’opinione è un presupposto per avere un’opinione quantomeno rispettabile.
La lettura dei commenti qui espressi fa capire come in realtà non si sia compreso nulla di quanto accaduto, nonostante gli sforzi per chiarire e spiegare in maniera comprensibile lo svolgimento dei fatti.
1) Innanzitutto non c’è stata alcuna assoluzione e alcun perdono. Il Tribunale DEL RIESAME di Milano non ha deciso sulla colpevolezza dell’uomo. I TRIBUNALI DI RIESAME hanno il compito di decidere sulle MISURE CAUTELARI da applicare alle persone INDAGATE in attesa di essere processate.
2) Il soggetto indagato non è che è stato scarcerato perché lo spaccio è l’unico mezzo di sostentamento. Invece è stato scarcerato perché è stata applicato l’art. 73 quinto comma del DPR 309/90, “spaccio di lieve entità” (5 pasticche è considerato spaccio di lieve entità) e non è stato sorpreso mentre spacciava, quindi non c’è stata flagranza.
Per il reato di spaccio di lieve entità, così come per tutti i reati che prevedono una pena inferiore ai quattro anni l’indagato NON PUO’ ESSERE TENUTO IN CARCERE IN ATTESA DI GIUDIZIO. E’ la legge, non un capriccio dei giudici.
3) Il Tribunale del riesame ha stabilito il divieto di dimora a Milano in attesa che il soggetto venga processato. E ha motivato la decisione di applicare questa misura cautelare con il fatto che lo spaccio APPARE l’unico modo per mantenersi per il soggetto. Quindi ha usato questa motivazione, NON per scarcerarlo, ma per giustificare questa misura cautelare, non potendo tenerlo in carcere.
4) NESSUNO ha detto che siccome non ha altri mezzi di sostentamento allora lo spaccio è lecito e va assolto. E’ questa la montatura. Il soggetto per direttissima sarà processato e se sarà ritenuto colpevole sarà condannato.
Si è cercato di spiegarlo in tanti modi, ma penso che manchi la volontà di capire.
Buona vita