Il Ministero dello Sviluppo economico risponde alla richiesta d’accesso civico. Non è il Governo ad aver effettuato i conteggi dei costi di abbandono TAP, ma la società SOCAR, principale azionista del consorzio.
Le richieste di accesso civico generalizzato “FOIA” presentate da associazioni, Movimento No TAP e cittadini, con l’assistenza del professor Michele Carducci, hanno permesso di ripristinare in parte quel principio di trasparenza disatteso troppo spesso nella vicenda del gasdotto transadriatico, almeno con riferimento alla questione dei costi di abbandono di TAP.
Troppe e ballerine sono le cifre pubblicate su articoli di testate nazionali e quelle pronunciate da diversi politici, tra cui il Ministro per il sud Barbara Lezzi, circa eventuali penali e costi che graverebbero sugli italiani in caso di rinuncia all’opera. Così come fumosi sono gli slogan legati ai benefici che questa infrastruttura porterebbe all’Italia, come minori costi in bolletta, decarbonizzazione.
In realtà, grazie alle richieste d’accesso civico generalizzato, viene fuori che in realtà tutto questo discorso sui costi di abbandono del TAP, così come quello sui benefici e la strategicità dell’opera, non sono supportati da alcuna analisi e da alcuno studio.
Non ne sanno nulla al Ministero dell’Interno, al Ministero per il Sud, al Ministero dell’Ambiente, al Ministero degli Esteri e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Quest’ultimo, in particolare, afferma di non avere alcuna competenza nell’effettuare un’analisi costi-benefici.
Ultima, in ordine di arrivo, è la risposta del Ministero dello Sviluppo economico (MISE), al cui vertice siede il vicepremier Luigi Di Maio. La risposta è firmata dal Direttore generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, Gilberto Dialuce.
Si legge:
‘La quantificazione dei costi di abbandono divulgata dalla stampa ha come fonte la Società di Stato azera SOCAR. Nello specifico, per quanto di conoscenza di questa Direzione, le cifre citate (70 o 40 miliardi) sono emerse durante gli incontri avvenuti col Ministro degli esteri azero nel corso della visita del Ministro degli affari estere e la cooperazione internazionale Moavero e dal Presidente della repubblica Mattarella in Azerbaijan lo scorso 23 luglio. Non si tratta pertanto di conteggi effettuati dal Governo italiano o da questo Ministero.’
Dunque è una fonte di parte, uno dei soggetti che ha il più forte interesse in TAP, essendo azionista al 20% della società ed essendo anche una società strategica della regime azero. La stampa, evidentemente, ha preso comunque per buone le cifre stimate da un soggetto interessato, non una fonte terza.
In tutto ciò non emerge un accordo, un trattato o qualsiasi atto negoziale da cui risulti che siano state stabilite delle penali. In caso di abbandono (con revoca o decadenza) da parte dell’Italia, qualsiasi contenzioso sull’eventuale risarcimento danni a favore di TAP e dei suoi appaltatori e contraenti, dovrà essere valutato e deciso secondo il diritto internazionale e le convezioni internazionali.
Ed è ciò che si deduce in un successivo passaggio della risposta del MISE:
‘Una eventuale revoca dell’autorizzazione rilasciata e riconosciuta legittima da tutti i contenziosi amministrativi, con conseguente annullamento del progetto, causerebbe una serie di danni a soggetti privati (la società costruttrice, le società che hanno avuto appalti di lavori, gli esportatori del gas azero, gli acquirenti che hanno avuto appalti di lavori, gli esportatori del gas azero, gli acquirenti che hanno già firmato contratti di acquisto venticinquennali del gas con consegne del gas in Italia a partire dal 2020) e pubblici, configurando richieste di rimborso degli investimenti effettuati nonché dei danni economici connessi alle mancate forniture, anche al di fuori del territorio italiano, nei confronti dello Stato italiano, attivando cause o arbitrati internazionali in base alle convenzioni internazionali firmate dall’Italia che proteggono gli investimenti esteri effettuati da privati, motivati anche dalla violazione dell’Accordo Intergovernativo sottoscritto e ratificato dal Parlamento italiano.’
In quest’ottica, però, nella determinazione di eventuali costi di abbandono del TAP, andrebbe valutata anche l’attività realizzata dalla società, gli eventuali inadempimenti, i ritardi e le prescrizioni non ottemperate. In particolare andrebbero valutati gli eventuali danni al territorio, come l’inquinamento della falda di Melendugno che potrebbe essere dovuto proprio ai lavori della multinazionale.
E in ogni caso i costi, il diritto al clima, il diritto ad un ambiente salubre e il diritto alla salute non dovrebbero essere subordinati a esigenze di cassa o, peggio ancora, a interessi economici privati.