Pensioni d’oro concentrate soprattutto al nord. Nel Salento incidono in minima parte sul totale. Le aspettative di Di Maio sulla consistenza del taglio sarebbero dimezzate rispetto ai dati INPS. In più bisogna fare i conti con possibili profili di incostituzionalità.
Fallita la missione su TAP e ILVA, il Movimento 5 Stelle spera a breve di ottenere la sua prima consistente conquista politica, quella del taglio delle pensioni d’oro, che ha rappresentato uno dei più importanti cavalli di battaglia del Movimento.
Ma in concerto quali saranno gli effettivi benefici di queste operazione per le casse dell’INPS?
L’ente previdenziale non se la passa molto bene, come più volte ha avvertito il suo Presidente, Tito Boeri, e per evitare il collasso bisogna comunque fare qualcosa, magari evitando nuove riforme impopolari, che andrebbero a spremere ancora pensioni minime e lavoratori.
Secondo quanto annunciato dal Ministro del Lavoro delle Politiche sociali, Luigi Di Maio, il risparmio che si otterrebbe con il taglio alle pensioni d’oro sarebbe di un miliardo di euro, ma una analisi più realistica sembra contraddire le aspettative del vicepremier pentastellato.
Quali sono le pensioni d’oro e in cosa consiste il taglio?
E’ considerata pensione d’oro il trattamento previdenziale da almeno 4500 euro netti al mese. Per evitare possibili contenzioni,il Governo starebbe abbandonando l’idea di ricalcolare con il sistema contributivo le pensioni d’oro determinate con il sistema retributivo. Si sta optando, quindi per dei contributi di solidarietà con aliquote differenziate in base agli scaglioni.
La somma risparmiata andrebbe ad alimentare un fondo per finanziare l’aumento delle pensioni minime.
Quale sarebbe il risparmio effettivo?
Di fronte alle pensioni minime molto risicate rispetto al costo della vita, appare certamente più equo varare una misura che prenda qualcosa da chi non sa nemmeno cosa significa fare fatica ad arrivare a fine mese per destinarla a chi ha più bisogno. L’operazione ha anche un valore simbolico, nella guerra ai privilegi e in una maggiore vicinanza alle fasce più povere. Ma occorre fare i conti con due elementi: la matematica e la legittimità costituzionale della misura.
Sotto questo secondo aspetto, bisogna tenere presente che i “diritti acquisiti”, in ambito pensionistico, non possono essere tolti o ridotti. In altre parole, qualunque pensionato, dal più povero al più ricco, non può subire una decurtazione definitiva della pensione, altrimenti si violerebbe il “principio dell’affidamento”: ogni cittadino programma e sostiene delle spese e adatta il proprio stile di vita, magari accendendo dei mutui, facendo affidamento sulla pensione, di cui conosce l’ammontare certo. Diversa sarebbe la previsione di un contributo di solidarietà “una tantum” sulle pensioni di maggiore importo.
Proprio per evitare profili di incostituzionalità, il Governo sta valutando di optare per un contributo di solidarietà applicato per 5 anni.
Passiamo all’altro, quello della matematica, che ridimensiona le aspettative di Di Maio. Il risparmio effettivo, se il taglio andasse in porto, sarebbe di poco più di 500 milioni di euro, la metà di quanto annunciato dal vicepremier. E’ quanto risulta da un calcolo effettuato da Infodata, sulla base dei dati INPS, pubblicato da IlSole24Ore.
Infatti, rispetto alla spesa complessiva dell’INPS, le pensioni d’oro incidono solo in minima parte. La provincia di Milano è quella in cui incidono maggiormente, precisamente per l’1,61% del totale. Segue quella di Roma, con l’1,42% del totale.
In Puglia, la provincia con più pensioni d’oro è quella di Bari, con lo 0,21% di incidenza, segue quella di Foggia con lo 0,12%, quindi quella di Taranto con lo 0,10%, le province di BAT (Barletta-Andria-Trani) e Brindisi con lo 0,09%. Chiude la provincia di Lecce con lo 0,08% di incidenza.
In generale nel sud Italia la percentuale di incidenza delle pensioni d’oro è più bassa, per cui i tagli si concentrerebbero soprattutto al nord.