La multinazionale garantisce che le materie prime da essa utilizzate sono regolarmente certificate e contesta la diffida del Comune di Melendugno per una “m”. Potì: ‘TAP non ha argomenti seri e si attacca ad un irrilevante errore di battitura’.
Dopo un giorno di silenzio e diversi tentativi di spiegare, attraverso la metafora del cioccolato, la presenza del cromo esavalente nel cemento usato per realizzare il pozzo di spinta del gasdotto TAP, la multinazionale ha finalmente rilasciato, nella giornata di ieri, un comunicato ufficiale con cui intende rassicurare la popolazione.
Quel pericoloso interferente endocrino, cancerogeno, non rappresenterebbe un pericolo e non sarebbe causa di rilascio in falda e nei terreni di inquinanti. In ogni caso, tuttavia, quel cemento sembra che non sia a norma e non sarebbe potuto essere nemmeno commercializzato.
‘Con l’obiettivo primario di rassicurare la popolazione – scrive la multinazionale – sull’assenza di pericoli per la salute legati alle attività in corso, TAP ribadisce che, come riportato dettagliatamente nella relazione di Arpa Puglia del 29 dicembre 2018, non c’è alcuna contaminazione nelle acque sotterranee e nei terreni in prossimità del cantiere di San Basilio, sia negli strati superficiali che in quelli più profondi, per tutti i parametri analizzati, inclusi quelli individuati nel protocollo operativo (arsenico, manganese, cromo totale, cromo esavalente e nichel).’
I dati della relazione Arpa del 29 dicembre, tuttavia, sono relativi ad agosto 2018, quando il cantiere era fermo.
‘Relativamente alla diffida a TAP da parte del Comune di Melendugno dal proseguire i lavori in località San Basilio, TAP sottolinea inoltre che, come comunicato dalla stessa Arpa Puglia, il rilascio di cromo esavalente da un campione di cemento carotato dal manufatto in opera è di 11.3 microgrammi/litro, ovvero mille volte inferiore al valore di 11.3 milligrammi/litro riportato dal Comune. Non esistono in ogni caso, sempre secondo quanto evidenziato dalla stessa Arpa Puglia, parametri con i quali confrontare i risultati di questo test, perché il campione analizzato non proviene da rifiuti, ai quali di norma il test è applicato, ma da materie prime. TAP garantisce che le materie prime da essa utilizzate sono regolarmente certificate e utilizzate soltanto per gli scopi a cui sono destinate.’
‘La sicurezza e la salvaguardia dell’ambiente – conclude – costituiscono da sempre una priorità assoluta per TAP, che continua ad offrire la massima collaborazione e trasparenza alle autorità e agli Enti interessati nel corso delle indagini e ribadisce la piena fiducia nelle autorità inquirenti.’
Tanto il Movimento No TAP, quanto il Sindaco di Melendugno, Marco Potì, sottolineano l’inconsistenza degli argomenti difensivi di TAP, che si sarebbe attaccata ad un errore di battitura, considerato irrilevante, contenuto nella diffida che il Comune di Melendugno ha inviato alla multinazionale, intimando di non proseguire con i lavori al cantiere di San Basilio.
‘TAP si nasconde dietro una “m”‘
‘TAP si nasconde dietro ad una “m”‘, tuona Potì, che oltre ad essere Sindaco è anche ingegnere.
‘Come emerge dai risultati delle indagini di Arpa, il superamento delle soglie di contaminazione di cromo esavalente registratosi in falda (e, seppur con ritardo, comunicato dalla stessa multinazionale) non è dovuto a condizioni sito-specifiche (cioè alle caratteristiche naturali) dei terreni di quella zona del territorio comunale, ma alle attività di Tap. È stato accertato infatti – scrive Potì – che il cromo esavalente è contenuto nei materiali “portati” in cantiere da Tap, ossia lo stabilizzato di cava e il cemento, ed è dagli stessi rilasciato. Si ricorda che Arpa, nella relazione di dicembre scorso, la stessa menzionata da Tap nel suo comunicato, ha rilevato che lo stabilizzato di cava, presente in tutto il cantiere, rilascia cromo esavalente; in particolare, quello prelevato nell’area denominata “deposito conci”, sottoposto a test di cessione, ha rilasciato cromo esavalente in quantità pari a 22 µg/l (microgrammi per litro, ndr).’
‘Ancora, dalla medesima relazione dell’Agenzia – aggiunge – emerge che le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua realizzazione contenevano concentrazioni di cromo esavalente pari a ben 350 µg/l. I risultati del test di cessione effettuato da ARPA Umbria sul cemento del pozzo di spinta, poi, hanno evidenziato una capacità di rilascio di cromo esavalente in quantità pari a 11,3 µg/l . Allo stato, dunque, gli unici dati certi sono questi; al contrario, non vi è alcuna certezza che attualmente non vi siano superi delle soglie di contaminazione in falda, in quanto – come risulta dalla stessa relazione di ARPA – le ultime analisi effettuate dall’Agenzia sulla falda risalgono al 28 agosto 2018, in piena stagione estiva e soprattutto a cantiere fermo.’
TAP, in su difesa, afferma nel suo comunicato che non esisterebbero dei parametri normativi per i risultati del test di rilascio (o cessione) del cromo esavalente, perché il campione analizzato non proviene da rifiuti.
‘A questo punto – replica il Sindaco di Melendugno – vien da chiedersi perché Tap abbia fatto essa stessa queste indagini e questi test di cessione e perché abbia tentato di rassicurare tutti sul fatto che non esisterebbero problemi proprio affermando che i risultati dei suoi laboratori rivelano una capacità di rilascio di cromo esavalente al di sotto delle soglie di rilevabilità dello strumento, precisamente inferiore a 2 µg/l…’
‘La verità è però che, come ovvio e risaputo, i risultati del test di cessione – afferma Potì – vanno letti in relazione alla componente ambientale della cui contaminazione si discute e con cui l’agente contaminate viene a contatto: se quella componente ambientale è costituita dalle acque sotterranee di falda – come accade nella specie – non si possono che prendere in considerazione le soglie di contaminazione stabilite dalla legge per le acque sotterranee, cioè 5 µg/l.
‘L’accertata presenza dei suddetti materiali contaminanti (stabilizzato di cava e cemento) nel cantiere di Tap rende pertanto evidente il rischio concreto che la prosecuzione delle lavorazioni di cantiere (ivi inclusi l’ingresso della talpa nel pozzo di spinta e le operazioni sullo stesso per lo scavo del microtunnel) possa nuovamente compromettere il suolo, il sottosuolo e la falda e pregiudicare la salute pubblica. Chiedo solo che prevalga il buonsenso e il rispetto della legge a cui nessuno può sottrarsi.’
‘Fanno sorridere le restanti dichiarazioni di Tap. Dopo aver comunicato con estremo ritardo la presenza di superi, dopo aver detto che le cause dei superi erano dovute ad altro e non ai propri materiali, dopo aver negato che quei materiali contengono e rilasciano cromo esavalente e aver dovuto prendere invece atto che è vero proprio il contrario, la multinazionale non ha altro argomento che attaccare – commenta Potì – la battitura di una “m” anziché di una mi greca (“µ”): errore evidentemente irrilevante visto che il riferimento di legge – così come il valore di 11,3 emerso dal test effettuato da ARPA UMBRIA e poi riportato dal Comune nella diffida – è espresso nella medesima unità di misura, ossia in µg/l.’
In altre parole, il testo della diffida riporta comunque il dato corretto. Il limite di cromo esavalente che il cemento può contenere è di 2 parti per milione, quello del pozzo di spinta ne contiene 11,3. Al di là della capacità di rilascio di sostanze inquinanti e pericolose nell’ambiente, si tratterebbe di un cemento che non poteva nemmeno essere commercializzato.
‘Le soglie di contaminazione per le acque sotterranee – prosegue Potì – sono 5 µg/l, mentre le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua lavorazione (in assenza delle necessarie impermeabilizzazioni del cantiere, come pure accertato da ARPA) contenevano 350 µg/l di cromo esavalente, il cemento del pozzo di spinta rilascia 11,3 µg/l, lo stabilizzato di cava rilascia 22 µg/l.’
‘Queste sono le uniche certezze – conclude – ed è a questo che Tap deve “rispondere”, cercando anche di spiegare come abbia potuto affermare che i suoi materiali rilasciano cromo VI in misura inferiori al limite di rilevabilità di 2 µg/l. Ma considerato il tenore delle dichiarazioni (come pure il rilievo dato a – macroscopici ed irrilevanti – errori di battitura) è evidente che la multinazionale non ha (seri) argomenti!’