Con un comunicato l’associazione “Bianca Guidetti Serra”, il “Comitato per la Salvaguardia dell’Ambiente e del Territorio – Valle d’Itria” fanno il punto della della vicenda xylella, con dati, fatti, richieste, evidenziato gli aspetti più controversi.
Il “Popolo degli ulivi”, l’Associazione “Bianca Guidetti Serra” e il “Comitato per la Salvaguardia dell’Ambiente e del Territorio – Valle d’Itria” hanno inviato un comunicato congiunto con il quale viene tracciata un’analisi della vicenda xylella e disseccamento degli ulivi, evidenziato gli aspetti più controversi che, lungi dall’essere chiariti a distanza di 6 anni dall’isolamento del batterio, continuano a destare perplessità e a non convincere sulle reali cause del disseccamento e sulla correttezza della gestione. Il testo evidenziato è ripreso dal comunicato.
Nessuna condanna, ma l’inchiesta dei magistrati di Lecce rivela fatti degni di attenzione
Il comunicato affronta innanzitutto l’inchiesta della Procura di Lecce, che si è conclusa con l’archiviazione per tutti, ma ha fatto emergere fatti che getterebbero una cattiva luce sul modo in cui è stata affrontata la vicenda.
‘Nell’ambito dell’inchiesta leccese sulla diffusione colposa di malattia delle piante, la Procura non è riuscita a dimostrare “il nesso causale tra le accertate condotte degli indagati … ed il delitto colposo di inquinamento ambientale”.
Nello specifico, si trattava delle seguenti condotte, comunque accertate: “sperimentazione in campo”, “incredibile ritardo nell’affrontare le segnalazioni degli agricoltori”, “non corretta applicazione delle procedure”, “irregolarità”, “pressapochismo”, “negligenza”, “reticenza”, “omertà”, “falso ideologico e materiale in atto pubblico”.
In merito alla datazione dei primi essiccamenti anomali, il Decreto di Archiviazione della Procura di Lecce recita come segue: “Dall’attività svolta è emerso in maniera inconfutabile che la prima datazione degli essiccamenti degli alberi d’olivo nel Salento, con informazione agli organi preposti (studio/ricerca e consorzio agrario), risale agli anni 2004/2006”.
Al riguardo, sono state individuate precise e non trascurabili condotte istituzionali, in particolare ascrivibili a chi era venuto a conoscenza del fenomeno che iniziava a colpire gli olivi già intorno al 2004, e a chi ha effettuato “campi sperimentali” tra il 2009 e il 2011, che denotano la conoscenza del problema e di cui esistono testimonianze di tecnici, proprietari e confinanti dei terreni interessati. Gli stessi soggetti istituzionali, pur consci dell’inizio del fenomeno dei disseccamenti, avrebbero poi permesso che la malattia degli olivi si diffondesse, dopo 9 anni dalle prime segnalazioni, in una vasta area del versante ionico. Persone che evidentemente non hanno cercato soluzioni condivise sulla questione, commettendo reati di falso che oggi, a distanza di 15 anni, arrecherebbero innumerevoli conseguenze ai danni di tutti i proprietari terrieri, gli agricoltori, i cittadini.’
Dati dell’Osservatorio fitosanitario: Xylella sul 2% degli ulivi monitorati. Gli attivisti: ‘Le cause del disseccamento sono altre’
‘Altri due aspetti affrontati sono riguardano l’attribuzione della responsabilità del disseccamento, già nel 2013, senza attendere le evidenze scientifiche. Solo a marzo 2016, infatti, verrà prodotto uno studio (peraltro criticato) che dimostrerebbe il nesso tra xylella e CoDiRO. A ciò si aggiunga che secondo i dati ufficiali dell’Osservatorio fitosanitario regionale solo il 2% degli ulivi analizzati risulta positivo al batterio.
‘Nell’ottobre del 2013, si dà notizia del ritrovamento del batterio e immediatamente, senza attendere o permettere riscontri scientifici inequivocabili sulle reali cause del disseccamento, sul ruolo svolto dal batterio, dal vettore e sull’esistenza di piante del territorio resistenti alla malattia (nonché in mancanza di un’indagine epidemiologica), si attribuisce alla Xylella fastidiosa la malattia degli olivi.
A far fortemente dubitare che il responsabile del disseccamento sia il batterio, sono i dati del monitoraggio dalla Regione Puglia resi accessibili al pubblico ( nonchè quelli in risposta alla richiesta di accesso agli atti effettuata dall’Associazione Terra D’Egnazia ): tutt’oggi il ceppo pugliese di Xylella è presente nel 2% circa degli ulivi analizzati. E’ evidente che gli ulivi negativi al batterio ma disseccati, si ammalano per altre cause.’
‘La conferma ce la danno il CNR, l’Università di Bari, il “Basile Caramia” e l’EFSA’
‘Ma il dato che più di tutti evidenzia che il batterio Xylella fastidiosa non può essere l’agente causale del disseccamento rapido degli alberi di olivo (CoDiRO) è stato fornito proprio da uno studio condotto dai ricercatori del CNR e dell’Università di Bari e del CRSFA “Basile Caramia” (che fin dall’inizio hanno creato e gestito l’emergenza), i cui risultati sono stati incredibilmente non considerati per anni dai mass media, dai politici e dagli stessi ricercatori.
Nel documento dal titolo “Pilot project on Xylella fastidiosa to reduce risk assessment uncertainties“ pubblicato dall’EFSA il 29/03/2016, i risultati di due anni di sperimentazione evidenziano che piante di olivo in cui sono state inoculate sospensioni batteriche di Xf subsp. pauca ceppo ST53 e tenute in condizioni ambientali naturali, anziché disseccarsi come ci si aspettava, hanno mostrato una colonizzazione batterica ridottissima e confinata al punto di inoculo, hanno prodotto nuova vegetazione priva di sintomi e – addirittura – hanno mostrato una crescita superiore alle piante controllo non infettate.’
Overdose di erbicidi e pratiche errate suggerite dall’Osservatorio fitosanitario
‘Le persone che dal principio hanno ignorato il problema, sono le medesime designate a occuparsene e con decreto ministeriale (sin dal D.M. 26 settembre 2014) anche le sole, di fatto, autorizzate a farlo. E se i ricercatori impegnati “istituzionalmente” nella lotta al batterio, hanno trascurato di considerare i fattori ambientali e lo stato di salute delle matrici vitali del fenomeno, l’Osservatorio fitosanitario dellaRegione Puglia, nel 2015, nella Relazione sulla Xylella fastidiosa (depositata al Senato) ha invece dichiarato di aver “escluso qualsiasi forma inquinante del terreno e dell’ambiente […] spaziando su tutte le possibili cause che potessero interagire con il disseccamento delle piante, verificando qualsiasi elemento agronomico, ambientale, naturale e inquinante presente nel territorio interessato”.
Tuttavia, benché richiesto, gli studi e le analisi comprovanti la suddetta affermazione, non sono stati resi noti. In realtà, i dati ISTAT sulla distribuzione dei fitofarmaci mostrano in Salento, proprio e solo nel periodo 2003-2010, un’overdose di erbicidi (di gran lunga superiore a quelli impiegati nelle province di Bari e Foggia la cui superfici agrarie sono ben più estese) che nel 2007, nella provincia di Lecce era pari a 5,36 kg per ettaro. Si immagini solo che tale quantitativo è ben più alto rispetto a quello che nel 1974 (4,5 kg/ha) aveva causato, come accertato, il disseccamento degli ulivi.
Inoltre, nel 2016, lo stesso Osservatorio Fitosanitario ha imposto (nella zona contenimento) e raccomandato (nella zona infetta) la capitozzatura delle piante di ulivo (DGR n. 459 – 8/04/2016) anche in momenti dell’anno critici, in cui le piante non dovrebbero essere potate, nella consapevolezza – come dichiarerà qualche tempo dopo in un’intervista il Dirigente Schito – che “si trattava di un sistema da non incentivare e da non consigliare a nessuno […] oltretutto lo abbiamo chiesto nel periodo estivo ossia il meno indicato per fare simili potature […] una misura di quelle non l’avrebbe proposta nessuno dal punto di vista tecnico”(Tioli E., Olio nostro. L’oro verde italiano al giro di boa. Terra Nuova, settembre 2017, pp. 12 e 14). In effetti, secondo la Società Italiana di Arboricoltura la capitozzatura è “la più dannosa tecnica di potatura degli alberi” che rende l’albero “più vulnerabile a insetti e malattie, e ne causa il decadimento fino alla morte”.’
I dubbi delle associazioni su possibili interessi coinvolti nell’affaire xylella
‘A questo punto, è lecito chiedersi se:
1) l’emergenza (che, per inciso, “dura” da sei anni!) sia il risultato delle omissioni e delle azioni suddette, realizzate anche intenzionalmente, piuttosto che colpa di un batterio importato come ci è stato raccontato in maniera incessante attraverso i media;
2) se la gestione dell’emergenza abbia portato beneficio (economico/politico/ecc.) a qualcuno e se, in quale misura, questo qualcuno abbia partecipato alla creazione dell’emergenza stessa.Della gestione dell’“emergenza” finalizzata al lucro se ne parla, come accennato, nel Decreto di archiviazione del Tribunale di Lecce del 3 maggio 2019 , a firma del GIP Alcide Maritati che contestualmente rimanda, visti i reati di falso materiale in atto pubblico commessi negli uffici regionali, alla procura di Bari.
Intanto, in Salento gli ulivi plurisecolari continuano a essere abbattuti, molto spesso in mancanza della necessaria comunicazione e autorizzazione della competente autorità, come più volte sottolineato anche dalla Soprintendenza all’Archeologia, alle Belle Arti e al Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto.
Vengono abbattuti anche per far spazio a impianti olivicoli superintensivi, su modello spagnolo, o a impianti fotovoltaici. Di questi ultimi, In Provincia di Brindisi, nel solo mese di agosto sono pervenute, da parte di 15 società estere, richieste di autorizzazione all’installazione su circa 500 ettari di terreno agricolo!
Nella Piana degli ulivi vanno a terra ulivi i millenari in assenza di sintomi e in pieno stato vegetativo e produttivo. Sradicarli produce un danno irreparabile all’ecosistema e alla biodiversità, al paesaggio e all’economia locale poiché– fra l’altro – vige il divieto di reimpianto delle varietà autoctone.
In queste ore In agro di Serranova (Comune di Carovigno-Br), in piena zona infetta – dove non vige l’obbligo di abbattimento– l’ARIF sta procedendo all’abbattimento di ulivi millenari anche in contrasto con la volontà del proprietario, in violazione, dunque, delli leggi 144/1951 e14/2007 “Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia” che ricordiamo essere ancora pienamente in vigore e, quindi, applicabile in tutti quei casi dove non ricorrono i presupposti per l’applicazione di quanto disposto dalla normativa sulla “Xylella”.’
Il falso positivo a Monopoli: ulivo destinato all’abbattimento perché risultato erroneamento positivo alla xylella
Il caso del falso positivo dell’ulivo di Monopoli ha generato dei dubbi sull’intero sistema di analisi e campionamento degli ulivi, facendo riaffiorare sospetti già manifestati in precedenza da contadini e attivisti.
‘Il 6 dicembre 2018 l’Istituto Fitosanitario Regionale individua un albero d’ulivo positivo alla presenza del batterio in agro di Monopoli. Di conseguenza parte della provincia di Bari passa da “zona indenne”(dove non è presente il batterio) a “zona di contenimento” .
Il 12 gennaio 2019 la procura di Bari interviene sequestrando l’intera particella in cui è presente la pianta positiva e su cui pendeva obbligo di estirpazione.
In seguito alle analisi molecolari effettuate durante il sequestro da parte della Procura, la pianta è risultata negativa al batterio e l’Osservatorio Fitosanitario, rilevata “un’anomalia nella catalogazione del campione”, ripete i test e questa volta l’ulivo in oggetto risulta essere negativo alla presenza del batterio. Vengono analizzate anche le piante circostanti che risultano anch’esse negative.
Com’è possibile che si sia commesso un errore così grave che avrebbe comportato (se non fosse intervenuta la Procura Di Bari), la distruzione dei 3,14 ettari contigui ogni singola pianta e che, secondo le stime depositate alla Camera, in tutta la zona cuscinetto delineata a seguito dell’individuazione dell’albero di Monopoli, avrebbe potuto interessare circa 132 mila ettari?
Da anni diversi cittadini denunciano irregolarità nei campionamenti e nella loro georeferenziazione, catalogazione e gestione; persino i commissari europei negli Audit parlano di laboratori inadeguati, in assenza di sistema di verifica dell’operato dei tecnici ,le cui procedure sono “suscettibili di generare errori”.
Con l’intervento della Procura di Bari, l’Osservatorio Fitosanitario (con Atto Dirigenziale del 21 maggio 2019) revoca le nuove determine circa la delimitazione delle aree, e vengono ripristinate le precedenti zone di contrasto al batterio:
- “zona infetta” l’intera provincia di Lecce, Brindisi e parte di Taranto, è la zona in cui il batterio è insediato e non è possibile eradicarlo;
- “zona di contenimento”: è la fascia di 20 km della zona infetta che confina con la zona cuscinetto, in cui si estirpano le piante risultate positive alla presenza del batterio (seppur in assenza di sintomi).
- “zona cuscinetto”: è l’area indenne di 10 km di larghezza a nord della zona di contenimento.
In caso di ritrovamento del batterio si devono applicare “misure di eradicazione” che consistono nell’eliminazione della pianta positiva e di tutte le piante presenti nel raggio di 100 metri dalla stessa,“indipendentemente dal loro stato di salute”.
In tutte le aree è fortemente consigliata e\o imposta la lotta al vettore attraverso trattamenti fitosanitari nocivi, potenzialmente genotossici e cancerogeni.’
L’appello ai cittadini delle province di Brindisi e Taranto a rivolgersi alla magistratura
Le organizzazioni firmatarie del comnicato concludono annunciando nuove azioni legali e giudiziali e lanciando un appello a cittadini e in particolare ai proprietari di uliveti, affinché si rivolgano la magistratura nel caso in cui dovessero ricevere provvedimenti di abbattimento.
‘Dunque, confermato il cortocircuito sui campionamenti che produrrebbero “falsi positivi”, invitiamo i cittadini delle province di Brindisi e Taranto, sui cui alberi gravi l’obbligo di estirpazione, a denunciare alle Procure competenti e alla Procura di Bari il provvedimento che li ha colpiti e tutto quanto illegittimamente concerne le comunicazioni ricevute, chiedendo che venga verificata la corretta applicazione della procedura in materia di campionamento e analisi e sia fatta un’ulteriore verifica.
Inoltre, ci uniamo alle richieste di sequestro preventivo e/o probatorio delle piante millenarie ritenute positive a Xylella già avanzate alla Procura di Bari (anche formalmente) da Comitati e cittadini, e rispetto alle quali – ci permettiamo di aggiungere – che non comprendiamo l’apparente inerzia della Procura in tal senso.
Se la prova maestra per l’individuazione dei reati di falso è la presenza del batterio e la sua reale diffusione, abbattendo i nuovi alberi ritenuti positivi si eliminerebbe il “corpo del reato” (quanto avvenuto con l’ulivo di Monopoli è indice, ancora una volta, dell’inaffidabilità della procedura).
Ci auguriamo, per il bene del territorio che qualcuno dia presto risposta ai troppi interrogativi rimasti disattesi. Al riguardo, annunciamo l’avvio di ulteriori azioni legali sul piano nazionale, europeo e internazionale. Porteremo il caso in tutte le sedi opportune, convinti che non si possa fare e permettere di fare della Terra e della sua Popolazione, ciò che si vuole (gestendo in modo inappropriato e lesivo, una problematica talmente complessa), e del territorio un business a beneficio esclusivo di pochi!’