Tolo Tolo è un film che ha scatenato polemiche fin dalla sua promozione e continua ad alimentarle. Ma chi e perché si sente attaccato dall’ultimo film di Checco Zalone? A chi altro non piace? Questo lavoro prende di mira i pregiudizi e l’ipocrisia, da più parti.
Premetto che in questo articolo non racconterò la trama, non “spoilerò” nulla, ma mi limiterò a scrivere le mie impressioni sull’ultimo lavoro cinematografico di Checco Zalone, Tolo Tolo. Il mio non è il punto di vista di un esperto di tecnica e storia del cinema, ma quello di un amante della cd. “settima arte”, di una persona che considera l’arte non come mero intrattenimento, ma come una delle più nobili forme di espressione. Ma ancor di più ritengo interessante dare una lettura sociologica delle reazioni degli italiani che hanno accompagnato la promozione e l’uscita del film.
Con questo film Chezzo Zalone, al secolo Luca Medici, è riuscito a lasciare il segno e a spiazzare un po’ tutti, gettando probabilmente delle false esche, lanciando un trailer accompagnato dalla canzone “Immigrato” (parodia de “L’italiano” di Toto Cutugno) che ha scatenato polemiche e ha richiamato su di sé accuse di sessismo e razzismo, almeno da alcune parti.
Altri, invece, volevano proporlo come Senatore a vita (tra cui quelle persone che volevano abolire la carica di Senatore a vita), credendo che l’ultimo lavoro di Checco Zalone rappresentasse un film da “prima gli italiani”.
In entrambi i casi è emersa una diffusa superficialità di chi ha condannato o, viceversa, ha incoronato l’attore e sceneggiatore, senza prima vedere il film.
Apriti cielo, quando milioni di sovranisti sono andati al cinema sperando di vedere un’opera cinematografica che desse supporto alle proprie convinzioni e scoprendo, invece, che il video promozionale non c’entra nulla con film, ma rappresenta solo una provocazione e che in realtà racconta una storia del tutto diversa.
Tolo Tolo non è un cinepanettone
Il protagonista, a differenza dei precedenti film, non è il tamarro poco acculturato, che fa ridere per il suo italiano sgrammaticato e la sua ingenuità. Il protagonista di Tolo Tolo è un personaggio surreale, furbo, pieno di pregiudizi, troppo preso da sé e dai suoi problemi spesso futili, incapace di comprendere le priorità e la realtà che lo circonda, che si ritrova suo malgrado a seguire lo stesso percorso dei migranti per tornare in quella patria che aveva abbandonato per non pagare i suoi debiti e in cui nessuno è più disposto ad accoglierlo.
Il film è caratterizzato da scene comiche e tragicomiche, cui fanno da sfondo delle storie drammatiche. Anche se diverso nello stile e nella forma, Tolo Tolo ricorda la vecchia commedia italiana (non quella dei cinepanettoni, ma quella di Sordi, Monicelli, Totò, ecc….), quella che attraverso la risata ha raccontato l’italia e gli italiani.
Se si pensa di andare al cinema per vedere il classico cinepanettone, il film dalle “risate facili”, in cui si evita accuratamente di “scomodare” qualcuno, si resterà delusi. E’ un film impegnato, che vuole raccontare oltre a far ridere. Prende di mira pregiudizi e luoghi comuni che vanno inesorabilmente a scontrarsi con una realtà ben diversa.
Ma la satira amara di questo film non è solo rivolta agli “italianisti”, ma si fa beffa in maniera molto sottile dell’ipocrisia, della retorica, dell’incapacità della politica, della mercificazione dei migranti (emblematica la ripartizione in chilogrammi delle quote di accoglienza tra i vari Paesi UE). E in qualche modo questo film ci sbatte in faccia la realtà: i migranti che lasciano le loro terre, le loro genti, intraprendendo dei viaggi rischiosi e al limite della sopravvivenza, sono prima di tutto persone che cercano disperatamente un futuro, prima di essere numeri, percentuali, “risorse”, ghiotte occasioni di scoop giornalistici, fenomeni da “festival” e argomenti da campagna elettorale.
La satira e l’attualità sempre presenti nei film di Checco Zalone
Eppure, guardando i precedenti film dell’attore pugliese, qualche dubbio che le sue intenzioni fossero effettivamente quelle di scrivere una sceneggiatura anti-immigrato o sessista o che il nuovo film non fosse un semplice cinepanettone poteva pure sorgere a chi molto frettolosamente lo ha condannato o incoronato.
Checco Zalone ha sempre fatto della satira sui pregiudizi, giocandoci, ridicolizzandoli fino a sottolinearne con intelligenza la loro stupidità. Lo ha fatto col suo primo lavoro, “Cado dalle nubi”, in cui ha trattato il tema dell’omosessualità e dell’omofobia, del dualismo nord-sud e della differenza tra persone con un diverso livello di istruzione. In “Che bella giornata!”, con grande delicatezza, è riuscito a farci provare empatia per due fratelli terroristi, musulmani, giocando sui pregiudizi legati alle differenze religiose e culturali, sulla condizione della donna, sull’ipocrisia delle missioni di guerra (o di pace) all’estero. Tutto questo in un film esilarante. E non sono stati da meno i successivi lavori di Zalone in cui ha preso di mira i vizi della “Prima Repubblica”, il mito del posto fisso nel Mezzogiorno, la disoccupazione, l’imprenditoria non molto ligia alle regole, le emergenze umanitarie in Africa, ecc…
Il cinema di Luca Medici non è quello di Pieraccioni, di Brizi, di Neri Parenti, dei fratelli Vanzina. E’ un cinema diverso e, piaccia o no, è intriso di satira e come tale usa la comicità per sbeffeggiare e denunciare le contraddizioni della società e della politica. Ma lo fa strappandoci delle risate.
A chi non piace Tolo Tolo?
Un film non bisogna farselo piacere per forza ed è legittimo avere considerazioni anche negative o tiepide. Tuttavia sarà facile prevedere che non piacerà a chi non ama che si metta in dubbio la propria convinzione sui migranti e che preferisce rimanere attaccato ai propri pregiudizi, scambiandoli per verità assoluta. L’ostilità per questo film può essere legato a motivi politico-elettorali, da parte di chi pensa “che chi fa film non deve occuparsi di politica”. Ma le critiche a Tolo Tolo provengono anche dai “puristi” del cinema e da orde di “bastian contrari” che storcono il naso, perché un comico popolare che si è affermato grazie a Zelig non può essere considerato anche un degno cineasta.
In effetti è un film contro i pregiudizi e chi ne è pieno non gradirà. Concludo con una citazione che – come diceva Totò – “casca come il cacio sui maccheroni”:
“Mio fratello è figlio unico perché non ha mai giudicato un film senza prima vederlo”. Rino Gaetano