Tra spettacoli improvvisati in diretta facebook, video e meme esilaranti, gli italiani stanno sperimentando una nuova forma di socialità per alleggerire la drammaticità dell’emergenza Covid-19, sostenersi e colmare le distanze.
E’ duro l’isolamento domestico, questa sorta di “quarantena” imposta su tutto il territorio italiano per contenere la diffusione del nuovo coronavirus (Covid-19), soprattutto per un popolo molto socievole, abituato alle aggregazioni, alle feste, alla “movida”. Per combattere questa “clausura” forzata, uccidere la noia e compensare le rinunce a cui si è costretti occorre pure fare qualcosa.
Se ci sono i furbetti che pensano di uscire da casa e andarsene in giro sperando di non essere scoperti o inventandosi un pretesto per giustificare il loro girovagare, se c’è chi è alla costante ricerca del complotto, ci sono tanti altri italiani, invece, che restano a casa e ricorrono all’ironia, alla creatività, anche per alleggerire l’anima dalle preoccupazioni per tutto quello che sta accadendo e per sentirsi uniti, anche se distanti, facendosi forza l’un l’altro, per ricordare che tutto questo passerà che “addà passà ‘a nuttata” e torneremo tutti a fare quello che facevamo prima, magari anche con più responsabilità, con una maggiore consapevolezza dell’importanza di essere “comunità” e di agire non solo per sé stessi ma anche pensando alla comunità.
Non si contano più le meme e i post sui social, con parodie, commenti ironici, battute sarcastiche e non-sense, fotomontaggi, brevi video con sketch comici “fai da te” con il tema della quarantena da Covid-19, pronti a strapparci anche sonore risate, che fanno bene all’anima e al cuore.
Sono stati creati anche dei gruppi facebook a tema per raccogliere tutti questi contributi e scambiare delle battute. Tra questi degno di nota è il “MalangaVirus” (letteralmente “parla male del virus”), ideato dal poliedrico artista Andrea Baccassino. O ancora l’iniziativa di Radio.covid, che trasmette delle videodirette “da una località segreta per non rischiare assembramenti sotto la finestra” per fare compagnia “con un po’ di musica, disegnini, ipocondriaci al telefono ed un po di leggerezza”.
Quella di ieri è stata la giornata degli “artisti da balcone”, che in diretta streaming da facebook, Instagram, YouTube hanno cantato, suonato, recitato dal balcone di casa, dal giardino, dal garage, o da una qualsiasi stanza. Artisti affermati o dilettanti allo sbaraglio, poco importa. Ciò che importa è non fermarsi.
Tanto esilaranti, quanto commoventi sono state le feste a distanza tra condomini in diverse zone d’Italia, con gli abitanti che cantavano insieme ognuno dalla propria casa, o che ballavano dai propri balconi mentre il vicino dj dal proprio metteva musica con la propria consolle.
In tutto ciò i nostri smartphone, i social network, additati spesso come causa di estraneazione sociale e isolamento, stanno invece contribuendo a mantenere vive le nostre relazioni sociali, a non restare del tutto isolati in questi momenti delicati, a distrarci, a prendere coraggio e a sostenerci reciprocamente, anche con una risata o con un insolito quanto spassoso spettacolo da guardare sul web.
Questi strumenti stanno rappresentando un surrogato agli incontri con parenti e amici. Non è la stessa cosa, ma fanno sentire meno la lontananza. Allora un pensiero è rivolto alle proteste dei detenuti avvenute nei giorni scorsi, non certo per giustificare chi ha usato violenza, ma per mostrare comprensione verso chi (e non sono tutti stupratori e assassini) ha a disposizione poche ore al mese per vedere e parlare con i propri propri familiari, non può comunicare col mondo esterno attraverso uno smartphone, e che a causa delle misure di contenimento del Covid-19 hanno visto ridotti drasticamente gli incontri con i familiari. Anche i detenuti hanno bisogno di sentirsi meno soli.
Un altro spunto di riflessione va quelle persone che lasciano la propria terra e i propri affetti nella speranza di trovare un futuro, mal visti da una buona fetta dei nostri connazionali che considerano quello smartphone (“di ultima generazione”) come un lusso che non dovrebbero potersi permettere, senza comprendere che quel “lusso” è l’unico strumento con il quale possono mantenere un contatto con i propri cari che chissà se e quando rivedranno e riabbracceranno. Ora, forse, siamo più consapevoli di come quello strumento, tante volte, riduce le distanze e ci fa sentire meno soli.