Con la dichiarazione dello stato d’emergenza e l’adozione delle misure restrittive contro Covid-19 è stata sospesa la Costituzione. Tecnicamente siamo in regime di “dittatura costituzionale”.
Le misure restrittive adottate dal Governo Conti per il contenimento della diffusione del Covid-19 (Coronavirus) non conoscono precedenti nella nostra storia repubblicana. Per vedere limitazioni della libertà di tale portata bisogna andare indietro fino al periodo fascista, tecnicamente definito come dittatura totalitaria imperfetta.
In quel periodo era vigente una sistematica attività di censura, repressione e controllo sulle arti e sui mezzi di comunicazione con conseguente eliminazione della libertà di espressione, di pensiero, di parola, di informazione, di associazione, di assemblea, di religione (al di fuori di quella cattolica).
Oggi, per limitare la diffusione del virus sono stati sospesi o compressi numerosi diritti e libertà costituzionali e non è nemmeno agevole fare un’elencazione completa.
Principi e libertà compressi o sospesi
Innanzitutto è stata sospesa la libertà di circolare e le eccezioni al divieto di mobilità sono ridotte all’osso, sottoposte a controlli e severamente sanzionate se non rientranti nei casi autorizzati. Sono stati fortemente limitati perfino gli spostamenti finalizzati alla cura e all’assistenza dei parenti.
E’ stata imposta la chiusura temporanea della maggior parte delle attività imprenditoriali e di libera professione, con l’effetto di produrre un livello di disoccupazione e una depressione economica probabilmente superiori a quelle della crisi degli anni ’30 (la cd. “grande depressione”), andando in direzione contraria con il principio della libera iniziativa economica e con il diritto al lavoro.
E’ stato sospeso anche il diritto di voto, con il rinvio a tempo indeterminato del referendum costituzionale sulla riduzione del numero di parlamentari e con il rinvio a data da destinarsi delle elezioni amministrative e regionali. Di sicuro non si voterà prima dell’autunno prossimo, ma le elezioni potrebbero slittare al 2021.
Sono vietate riunioni e manifestazioni pubbliche e questo l’esercizio del diritto al dissenso. Cittadini e attivisti non possono manifestare, scendere in piazza, opporsi contro opere, provvedimenti, decisioni di qualsiasi natura. Rimangono a disposizione solo i social e gli strumenti telematici per comunicare e mettere per iscritto il dissenso, diffonderlo sul web, sempre sperando che i post e le pagine non vengano rimossi.
L’isolamento domestico, inoltre, impedisce ai cittadini di esercitare quel ruolo che hanno di controllori sociali su quello che accade sul territorio ed ostacola loro “effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost.).
Anche il diritto alla difesa, alla tutela giurisdizionale, è stata fortemente compressa, perché i procedimenti giudiziari sono sospesi, salvo che per le questioni urgenti. Paradossalmente, anche lo stesso principio di tutela della salute è stato fortemente compresso in nome della lotta al Covid-19. Infatti il sistema sanitario pubblico e privato attualmente garantisce solo prestazioni sanitarie urgenti. E presto ad essere travolta potrebbe essere la tutela dei dati sensibili e supersensibili (come quelli legati alla nostra salute).
I presupposti dello stato di emergenza e la “dittatura costituzionale”
Tutto questo è stato possibile sul presupposto della dichiarazione dello stato di emergenza, emanato dal Presidente del Consiglio il 31 gennaio scorso, il quale a sua volta si fonda sul principio di necessità. Ne consegue la sospensione della Costituzione e l’applicazione di un regime eccezionale e derogatorio, che tecnicamente prende il nome di “dittatura costituzionale” o ” dittatura commissariale”. E’ legittima purché caratterizzata dalla temporaneità, dall’impossibilità di fronteggiare l’emergenza con gli strumenti ordinari e che le misure eccezionali siano proporzionate rispetto all’obiettivo di contenimento dell’epidemia. Inoltre deve essere costituita secondo forme costituzionali e con limiti ben definiti.
La prima dittatura della storia risale alla Repubblica romana. Si trattava di una carica straordinaria che prevedeva la sospensione di tutte le cariche pubbliche ordinarie e la concentrazione del potere nelle mani del dittatore, in caso di guerra o emergenza, per massimo 6 mesi, dopodiché il dittatore cessava la sua carica e le altre cariche venivano ripristinate. Ma ad un certo punto qualche dittatore assetato di potere iniziò ad abusare della carica, creando ad arte le condizioni per prolungare lo stato di emergenza e quindi la durata della dittatura e minando le fondamenta della Repubblica.
Il ruolo del Parlamento è stato marginalizzato
Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, in Italia il potere decisionale si è fortemente accentrato, sbilanciandosi verso il Governo (che non è un organo elettivo), marginalizzando il ruolo dell’unico organo elettivo e rappresentativo anche delle opposizioni, ossia il Parlamento. Il braccio operativo del Governo è la Protezione Civile, che gode di poteri speciali per la gestione dell’emergenza Covid-19.
Sulla forma e sulla sostanza degli atti con cui è stato dichiarato lo stato d’emergenza e sono state adottate delle misure restrittive di diritti e libertà fondamentali sono state espresse forti perplessità da diversi giuristi. Ma questo argomento merita un approfondimento a parte.
Difficile prevedere quando e cosa accadrà con la fine dell’emergenza, se torneremo a godere di questi di questi diritti e libertà nella loro massima espressione o se saranno sottoposti a qualche filtro. Ma intanto, questa “dittatura costituzionale” serva almeno da monito per tutti coloro che sostengono che “in questo Paese ci vuole una dittatura!”. Questo è solo un assaggio di quella dittatura tanto invocata.