Nel nuovo report dell’Istituto Superiore di Sanità, del 20 aprile, si consolidano le caratteristiche dei pazienti deceduti positivi al nuovo coronavirus (Covid-19). Mediamente ogni paziente era affetto da 3,2 patologie gravi pregresse. L’età mediana è 84 anni per le donne, 79 per gli uomini. In Lombardia il 56% dei decessi, in Puglia 1,5%.
Lo scorso 20 aprile, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato il secondo report relativi alle caratteristiche dei pazienti deceduti, in Italia, risultati positivi all’infezione da SARS-CoV-2, noto anche come Covid-19 o nuovo coronavirus.
Si tratta di uno studio effettuato su un campione di 21.551 pazienti. Su 1890 di questi è stato possibile anche esaminare le cartelle cliniche. Sono state tracciate, quindi, le caratteristiche dei pazienti, come età, sesso, collocazione geografica di tutto il campione e, limitatamente ai pazienti di cui sono state esaminate le rispettive cartelle cliniche, è stato possibile evidenziare il quadro clinico, individuando diagnosi, sintomatologia, tempi di ricovero, complicanze della malattia.
Va subito precisato che si tratta di pazienti deceduti dopo aver contratto il Covid-19, ma di cui non è determinata la causa effettiva della morte.
L’età media dei pazienti deceduti
Nel campione si registra una sensibile discrepanza tra il numero di donne e uomini deceduti e tra la rispettiva età media, a testimonianza di quanto già si era evidenziato in precedenza, e cioè che tendenzialmente il virus colpisce più gli uomini.
Le donne, infatti, rappresentano meno del 36% del campione e l’età mediana è di 84 anni, mentre oltre il 64% è composto da uomini con età mediana di 79 anni.
Sono stati registrati anche 238 decessi di pazienti con età inferiore ai 50 anni, pari all’1% del campione, di cui 54 sotto i 40 anni (34 uomini e 20 donne. Di questi, 38 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità), 10 non avevano diagnosticate patologie gravi, mentre dei restanti non sono disponibili informazioni cliniche.
Tuttavia il report si basa su un esame delle cartelle cliniche e non si provveduto, su questi pazienti, ad effettuare esami autoptici. Pertanto non può essere esclusa la presenza di patologie non diagnosticate in questi restanti 16 pazienti.
Patologie pregresse
Anche il report del 20 aprile conferma quanto già emerso con il report del 20 marzo scorso, ossia che mediamente i pazienti deceduti avevano più di 3 patologie gravi pregresse. Ricordiamo che l’analisi è stata effettuata sulle cartelle cliniche di 1.890 pazienti deceduti (in quello di marzo le cartelle cliniche esaminate erano 3.200).
Più precisamente risulta che, mediamente, il numero di patologie gravi per ogni paziente di questo campione è pari a 3,3. Se si considerano le sole donne il dato sale a 3,4. In particolare, 1.147 pazienti (il 60,7%) prima del ricovero avevano 3 o più patologie gravi; 400 (21,2%) avevano 2 patologie gravi; 273 (14,4%) presentavano 1 patologia. Il numero di pazienti deceduti, per i quali non erano state diagnosticate patologie gravi precedentemente al ricovero, è di 70 pazienti (3,7% del campione).
Le patologie gravi più frequentemente riscontrate sono le seguenti: Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Scompenso cardiaco, Ictus, Ipertensione arteriosa, Diabete mellito-Tipo 2, Demenza, BPCO, Cancro attivo negli ultimi 5 anni, Epatopatia cronica, Insufficienza renale cronica, Dialisi, Insufficienza respiratoria, HIV, Malattie autoimmuni, Obesità.
“Prima del ricovero in ospedale, il 24% dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 seguiva -si legge nel report- una terapia con ACE-inibitori e il 16% una terapia con Sartani (bloccanti del recettore per l’angiotensina)”. Si tratta di farmaci per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e di patologie cardiovascolari.
La geografia dei decessi da Covid-19
Il triste primato del numero di vittime collegate al Covid-19, come atteso, spetta alla Lombardia, regione che da sola registra oltre la metà dei decessi di tutto il Paese. Quasi 6 vittime su 10 si sono verificate in Lombardia (56% dei casi).
Seguono l’Emilia Romagna, con il 18%, e il Piemonte, con l’8%. La quarta regione più colpita è il Veneto, con un dato che è oltre 10 volte inferiore rispetto alla Lombardia, con il 5,2% dei casi di decesso.
La Puglia si colloca a metà classifica, con l’1,5% dei casi, mentre Molise, Basilicata, Abruzzo e Calabria hanno avuto il minor numero di decessi, con un tasso che si colloca tra lo 0,1% e lo 0,2%. La Campania e la Sicilia, che erano state anche al centro di alcune polemiche, accusate per l’inosservanza diffusa delle regole sul distanziamento sociale (in particolare la Campania) e per il sistema sanitario, registrano rispettivamente lo 0,8% e lo 0,7% dei decessi. Tutto questo anche nonostante la densità demografica delle aree metropolitane dei rispettivi capoluoghi, Napoli e Palermo. Anche nel Lazio (1,3%), malgrado la Capitale sia terreno di passaggio per milioni di persone ogni mese da tutti i continenti (solo nel 2019 l’aeroporto di Fiumicino ha registrato oltre 43 milioni di passeggeri), i decessi sono rimasti contenuti rispetto alla media.
Diagnosi di ricovero
Una delle criticità che i medici ospedalieri impegnati in prima linea a trattare pazienti affetti da Covid-19 hanno evidenziato è data dal fatto che gli ammalati arrivavano in ospedale in condizioni già gravi, spesso disperate. Secondo quanto affermato da diversi medici, tra cui il dott. Stefano Manera, è mancata la medicina del territorio e il trattamento adeguato del paziente già nelle prime fasi.
In effetti, da quanto risulta nel report dell’ISS di aprile, “nel 92,6% delle diagnosi di ricovero erano menzionate condizioni (per esempio polmonite, insufficienza respiratoria) o sintomi (per esempio, febbre, dispnea, tosse) compatibili con COVID-19″. Solo nel 7,3% dei casi la diagnosi di ricovero non era correlata all’infezione da nuovo coronavirus, ma ad altre patologie (principalmente patologie neoplastiche, cardiovascolari, gastrointestinali.
I sintomi al momento del ricovero sono prevalentemente rappresentati da febbre dispnea e tosse rappresentano; meno frequentemente sono diarrea e emottisi, mentre il 6,0% dei ricoverati non presentava alcun sintomo. Le complicanze più diffuse riscontrate sono “insufficienza respiratoria (96,7% dei casi), seguita da danno renale acuto (22,6%), sovrainfezione (12,7%) e danno miocardico acuto (9,3%)”.
Terapie
Le recenti osservazioni scientifiche stanno portando a ipotizzare che il Covid-19 sia un virus opportunista, che agisce insieme ad altri patogeni. Nel report dell’ISS si legge che nell’84% dei casi ai pazienti è stata applicata la terapia antibiotica, che come risaputo è efficace solo verso le infezioni batteriche. Il che suggerirebbe che queste persone combattevano contro un’infezione batterica, non solo contro una malattia virale.
La terapia antivirale è stata usata solo nel 56% dei casi, mentre quella steroidea nel 36% dei casi. “Il comune utilizzo di terapia antibiotica -spiega il report- può essere spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o è compatibile con inizio terapia empirica in pazienti con polmonite, in attesa di conferma laboratoristica di COVID-19. In 377 casi (20,1%) sono state utilizzate tutte e tre le terapie. Al 4,3% dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 è stato somministrato Tocilizumab.”