Autorizzata acquisizione di massa di dati supersensibili di soggetti selezionati, minori compresi, per un’indagine di sieroprevalenza da Covid-19. Perplessità e dubbi.
Con il Decreto Legge n. 30 del 10 maggio 2020, l’Istituto Statale di Statistica (ISTAT) è stato autorizzato a trattare dati personali supersensibili, quelli genetici e relativi alla salute, per fini statistici e di studi scientifici.
La norma si inserisce in un una strategia di indagine di sieroprevalenza sul SARS-COV-2 (Covid-19) condotta dal Ministero della salute, dal Comitato Tecnico Scientifico e dall’ISTAT, i dati possono anche essere trasmessi a soggetti non determinati, sulla base di alcuni protocolli scientifici.
Per dati supersensibili si intendono quelli che sono in grado di rivelare informazioni personali che possiamo definire “intime” delle persone, che riguardano principalmente la salute, la sessualità, i dati biometrici, i dati genetici.
Costituiscono la categoria di dati personali più delicata e maggiormente tutelata, possono essere trattati se non per le stretto indispensabile, quando non è possibile raggiungere con strumenti diversi una determinata finalità, adottando le maggiori cautele possibili. In ogni caso, la finalità del trattamento deve essere espressione di un principio di rango costituzionale.
Il decreto legge n. 30 del 2020 autorizza una massiccia, senza precedenti, raccolta di dati genetici e sulla salute di un gran numero di persone, inclusi minori, ma in forma non completamente anonima. Infatti, sebbene sia disposto il trattamento in forma anonima, e per scopi esclusivamente scientifici, in realtà resta possibile in qualsiasi momento associare i dati alle persone a cui si riferiscono.
Cosa sono i dati genetici?
La definizione legale di dato genetico ci viene fornita dal “considerando” n. 34 al Regolamento sulla Privacy (n. 679 del 2016, cd. GDPR). Secondo tale definizione, i dati genetici sono quelli relativi “alle caratteristiche genetiche, ereditarie o acquisite, di una persona fisica, che risultino dall’analisi di un campione biologico della persona fisica in questione, in particolare dall’analisi dei cromosomi, dell’acido desossiribonucleico (DNA) o dell’acido ribonucleico (RNA), ovvero dall’analisi di un altro elemento che consenta di ottenere informazioni equivalenti”.
Come avviene la raccolta dati?
Per prima cosa dovranno essere scelti a campione dei soggetti da sottoporre a prelievo di sangue (finalizzato al test sierologico), raccolta dati anagrafici, codice fiscale, numero di telefono e a rispondere ad un questionario che potrebbe riguardare i propri familiari, la vita sociale e l’attività svolta.
La scelta dei soggetti da analizzare sarà effettuata dall’ISTAT, in accordo con il Comitato Tecnico Scientifico, nominato dal Dipartimento della Protezione Civile, per classi di età, genere e settore di attività economica, in modalità casuale, attingendo a “propri registri statistici individui, unità economiche, luoghi e tematico del lavoro”. Lo schema proposto ricalca quello dei sondaggi socio-economici condotti dall’ISTAT e da altri istituti pubblici e privati di statistica. Nel decreto non si parla di obbligo, ma di invito “a sottoporsi alle analisi sierologiche”.
Una volta individuati i soggetti, gli uffici del Ministero della Salute richiederanno agli operatori di telefonia di comunicare le loro utenze telefoniche.
Del campione potranno fare parte anche i minori. Per loro conto saranno i genitori o chi ne fa le veci (tutori, affidatari o chi ne esercita le responsabilità genitoriali) a gestire l’invito eventualmente ricevuto.
A questo punto le anagrafi degli assistiti comunicheranno comunicati “ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta i nominativi dei relativi assistiti rientranti nei campioni, affinché li informino dell’indagine in corso.”
Spetterà alla Croce Rossa Italiana verificare telefonicamente la disponibilità dei singoli ad effettuare le analisi sierologiche e a rispondere ad uno specifico questionario predisposto dall’ISTAT, in accordo con il Comitato Tecnico Scientifico.
Che fine faranno questi dati?
I campioni raccolti verranno analizzati da laboratori individuati dalle Regioni e risultati saranno comunicati agli interessati, all’ISTAT, al Ministero della Salute e al Comitato Tecnico Scientifico. I campioni, saranno quindi consegnati alla banca biologica dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Luciano Spallanzani” di Roma, dove verranno conservati per massimo 5 anni.
I dati raccolti potranno essere comunicati, sulla base di appositi protocolli scientifici, anche a soggetti diversi per finalità scientifiche. Non è chiaro quali saranno questi soggetti, quale sia la loro natura. E’ plausibile che possano essere anche dei soggetti privati.
Un primo aspetto critico di questa previsione è legata alla forma del trattamento, che non sarà anonima, bensì “priva di identificativi diretti”. Dunque, i soggetti potranno essere identificati, se necessario, in maniera indiretta.
In secondo luogo la scelta dei soggetti a cui comunicare questi dati avverrà “con decreto di natura non regolamentare del Ministro della salute”. Si tratta di un decreto ministeriale (D.M.), ossia un provvedimento amministrativo, che non passerà dal vaglio del Presidente della Repubblica, né del Parlamento.
Non sarà quindi un atto con forza e valore di legge a decidere chi può ricevere e trattare dei dati supersensibili, che riguardano la nostra genetica e la nostra salute, in maniera non anonima (ma semplicemente “priva di identificativi diretti”), ma un atto amministrativo.
Se forti perplessità sono state manifestate da illustri costituzionalisti sulla gestione dell’emergenza Covid-19 con i DPCM, a maggior ragione anche quest’ultima previsione non sarà immune da obiezioni dello stesso tenore.
E’ previsto, infine, che “per il perseguimento delle finalità statistiche e di ricerca scientifica il Ministero della salute e l’ISTAT cancellano i dati trascorsi quaranta anni dalla raccolta.”
Sebbene nella definizione delle modalità di trattamento, raccolta e conservazione dei dati è previsto il coinvolgimento del Garante della privacy, il decreto si presenta molto vago e in parte contraddittorio circa le garanzie e le tutele contro potenziali abusi di dati supersensibili.