Altro che riscoperta dei valori… la società è profondamente divisa, rabbiosa e intollerante. Al dialogo preferisce la denuncia. Anziché i diritti difende potere e chiede il pugno duro.
Prima dell’estate del 2020 diversi addetti di lavori avevano parlato di una recrudescenza del virus Sars-Cov-2 che si sarebbe verificata con l’arrivo della stagione autunnale.
Quell’aggravamento, tanto descritto dalle previsioni più pessimistiche, non sembra esserci stato rispetto a come si era presentato il virus da quando è stato individuato in Italia la prima volta.
Ma la recrudescenza più evidente è quella umana. Dopo una decantata riscoperta della solidarietà e dell’importanza delle piccole cose, degli affetti, conseguente al primo lockdown, quello di marzo 2020, in realtà la società si è riscoperta profondamente divisa, carica di rabbia e piuttosto intollerante.
Sono tanti i delatori, coloro che molto pavidamente, senza nemmeno tentare di comprendere o provare la via del dialogo, vedendo un vicino, un passante, non indossare la mascherina, in giro durante il coprifuoco, ricevere gente a casa, ecc… non esitano a denunciare i “disobbedienti” alle forze dell’ordine, auspicando per loro una pena esemplare, come fossero i peggiori criminali.
La società è profondamente spaccata su quanto sta accedendo e le posizioni concilianti sono una rarità. Nell’altro non si vede un interlocutore, ma un nemico, quantomeno da schernire.
Nell’immaginario di questa guerra civile fredda ci sono due schieramenti che si contrappongono: da una parte i “servi del potere”, dall’altra un calderone composto da “negazionisti”, “no vax” e “complottisti”, senza discernere e senza riconoscere nell’altro la possibilità di avere un pensiero o un’opinione.
In una visione semplificata e sempliciotta della realtà, la realtà è bianca o nera, senza sfumature e senza tonalità.
Esprimersi criticamente su quella che è la narrazione di questa pandemia e sulle misure adottate per contrastarla, porta quasi in automatico all’etichettatura di negazionista, no vax, complottista, anche quando chi si esprime è una persona con comprovata competenza ed esperienza, che parla con cognizione di causa, come scienziati, medici, costituzionalisti, avvocati o semplicemente cittadini avveduti che si pongono domande e cercano delle risposte.
L’etichetta è un modo per denigrare l’avversario e al tempo stesso per portarlo nelle file del nemico da battere in questa assurda guerra. Anche gli operatori sanitari che hanno rifiutato la somministrazione del vaccino contro il Covid sono bollati, anche dalla stampa, come no vax, se non anche negazionisti, come se il rifiuto di assumere un farmaco sperimentale rappresentasse una posizione globale di avversione contro qualsiasi vaccino. O come se rifiutare il vaccino significasse negare l’esistenza del virus.
Non di rado si assiste da parte di haters l’auspicio che ad un “negazionista”, nel caso dovesse ammalarsi di Covid, vengano rifiutate le cure.
Le manifestazioni di imprenditori del settore della ristorazione e del turismo, i lavoratori dello spettacolo, ridotti alla canna del gas a causa delle restrizioni adottate e che perdurano da oltre un anno e chissà per quanto ancora, sono liquidate come “fasciste”, senza riconoscere la crisi che stanno attraversando queste categorie sociali.
In generale, soprattutto nell’ambiente lavorativo sanitario, coloro che non si vaccinano sono spesso sottoposti a discriminazioni, visti come untori e irresponsabili che mettono in pericolo le persone intorno, anche se le evidenze scientifiche attuali non escludono che il vaccinato possa essere ugualmente contagioso, al pari di un non vaccinato.
Questo pensiero costituisce terreno fertile per misure, più o meno velatamente, ritorsive e per l’adozione di provvedimenti peggiorativi delle loro condizioni di lavoro, sia a livello governativo che a livello aziendale.
Nella retorica dei governi, prima Conte, ora Draghi, è passato chiaro il messaggio secondo il quale se si rispettano le misure imposte possiamo tornare alla nostra “normalità”. Conseguentemente la responsabilità del perdurare di questa situazione sarebbe ricaduta su chi non indossa la mascherina mentre va a passeggiare all’aperto, su chi viola il coprifuoco, su chi oltrepassa il confine di 200 metri da casa.
La reazione irrazionale di buona parte della popolazione è stata quella di chiedere al Governo misure ancora più restrittive e sanzioni più severe nei confronti dei “disobbedienti”, di fatto legittimando un’ulteriore incremento della pervasività del potere del Governo nella libertà e dei diritti fondamentali, ormai sospesi e vilipesi da oltre un anno.
Questa rabbia, unita all’isteria collettiva dovuta alla paura verso questo virus, sta portando pericolosamente a considerare la nostra Costituzione, le nostre libertà, i nostri diritti, come disponibili, superabili e poco importanti rispetto alla lotta alla pandemia, convinti che il Covid indietreggerà e tutto ritornerà come prima.
Ma c’è una forma di recrudescenza ancora più preoccupante, che è quella che viene trasmessa ai più giovani, i quali già stanno subendo l’educazione alla anaffettività, e che ora sono spinti e legittimati alla delazione, da ultimo con la previsione dei “tutor-covid”, i quali dovranno vigilare sul comportamento dei compagni di scuola, all’ingresso e all’uscita, e alla fermata dell’autobus, segnalandoalle Autorità i loro compagni trasgressori.