E’ il secondo episodio di TSO ai danni di chi protesta contro le misure anti-covid. Misura sproporzionata e aberrante, che rischia di trasformarsi in uno strumento di repressione del dissenso.
Quello che è accaduto a Fano dovrebbe preoccupare e provocare la condanna unanime da parte di ogni cittadino libero. Imporre un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) ad una persona dovrebbe rappresentare l’extrema ratio, non certo un mezzo come un altro per reprimere una condotta , o, peggio ancora, per censurare la libera manifestazione di un pensiero o una forma di protesta, per quanto possa essere ritenuta o meno sbagliata.
Ciò che è ancora più preoccupate, ben più grave del fatto stesso, è da un lato la generale apatia di chi reagisce con indifferenza, perché “tanto era un negazionista”, o di chi approva la severità della misura a cui è stato sottoposto il giovane studente.
Il fatto
Uno studente di 18 anni avrebbe manifestato in più occasioni il proprio dissenso verso le misure anti-covid, ritenute lesive di diritti e libertà fondamentali ed in particolare contro l’obbligo di usare la mascherina in classe durante la lezione.
Il ragazzo avrebbe anche distribuito un volantino od opuscolo ai compagni in classe, contenente richiami ai diritti costituzionali redatto da un uomo che lui chiamava “il costituzionalista”.
Lo scorso 5 maggio il ragazzo sarebbe passato ad un’azione di protesta ancora più incisiva contro la mascherina, incatenandosi al banco e opponendo il rifiuto di indossare il dispositivo.
Così per lo studente è stato disposto un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). A prelevarlo c’era un’auto della Polizia e un’ambulanza. E’ stato quindi trasportato presso l’Ospedale psichiatrico di Pesaro, da cui è stato dimesso nella giornata di ieri.
Era proprio necessario sottoporre il ragazzo a TSO?
Pur ipotizzando la pericolosità del gesto di una persona che non indossa la mascherina, ossia la potenziale quanto remota contagiosità del ragazzo (che comunque non presentava sintomi di malattia) si sarebbe potuto procedere con un intervento che non prevedesse un trattamento sanitario obbligatorio con successivo ricovero coatto in psichiatria.
Si sarebbe potuto privilegiare la via del dialogo. In mancanza sarebbe potuto essere allontanato dalla scuola e sottoposto a procedimento disciplinare, ma senza senza la necessità di imporre un TSO.
E per curarlo da cosa poi?
Il TSO ospedaliero può disposto nell’ipotesi in cui siano necessari trattamenti sanitari urgenti e il paziente si rifiuti e, comunque, solo nel caso non sia possibile assumere adeguate misure extraospedaliere.
Ad ogni modo il TSO deve svolgersi nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici.
Ricordiamo che, in base all’art. 32 della nostra Costituzione, “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Ora, perché si è reso necessario un trattamento sanitario urgente? Non c’era altro modo di gestire la situazione?
Quali motivi alla base del TSO?
Un altro aspetto delicato della vicenda è comprendere quale sia il comportamento che abbia determinato la scelta del TSO. La forma della protesta? La violazione dell’obbligo di indossare la mascherina? L’espressione del dissenso all’obbligo della mascherina?
In ogni caso non si può non ravvisare la gravità di quanto accaduto.
La violazione dell’obbligo di indossare un presidio sanitario dovrebbe far scattare l’applicazione della sanzione prevista, ammesso che si tratti di un vero e proprio obbligo cogente.
La forma di protesta scelta dal ragazzo, per quanto accesa, non è tale da giustificare un TSO. Abbiamo fiumi di esempi di varie forme di protesta, anche estreme, che non hanno dato luogo ad alcun intervento di questo tipo. Ricordiamo gli innumerevoli scioperi della fame e della sete di Marco Pannella, il quale arrivò persino a distribuire hashish, come forma di provocazione nell’ambito della campagna per la liberalizzazione delle droghe leggere.
Ci sono state anche numerose forme violente di manifestazione, ma in nessuno di questi casi le autorità sono intervenute con un trattamento sanitario obbligatorio.
Rimane l’ultima delle ipotesi, la più assurda, alla base del TSO, ossia la rivendicazione dei diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione, contro l’obbligo di indossare la mascherina. In effetti, per giustificare l’azione, si è provato a descrivere il ragazzo come “plagiato” da un adulto che avrebbe osato parlargli di diritti e Costituzione.
Se così fosse ci troveremmo di fronte ad un TSO imposto contro l’espressione della libertà di opinione e di pensiero, del diritto di esprimere il proprio dissenso. O forse non è nemmeno questo. Ma proviamo a chiederci, come sarebbero andate le cose e come avrebbe reagito l’opinione pubblica se, anziché contro la mascherina, il ragazzo si fosse incatenato per protestare contro la guerra, contro la fame del mondo, o per sostenere l’approvazione della legge Zan o per perorare qualsiasi altra legittima causa?
Siamo tutti chiamati, anche se si è in disaccordo con le idee del giovane, a difendere il diritto di pensare e di esprimere le nostre opinioni, stigmatizzando e condannando la gravità della scelta di applicare un TSO, misura che appare quantomeno sproporzionata e aberrante.
Quanto accaduto a Fano costituisce un precedente e domani potrà capitare a qualcun altro. Con gli stessi presupposti sarebbe potuta accadere anche ad attivisti come Greta Thunberg.
Quello di Fano non è il primo episodio di TSO ai danni di chi esprime qualcosa di contrario, giusto o sbagliato che sia, rispetto a quella che è l’informazione dominante. Accadde un analogo episodio a maggio 2020 in provincia di Agrigento a Dario Musso, il quale fu tirato fuori dalla sua auto, sedato in strada e ricoverato coattivamente in psichiatria, dopo essere stato accusato di aver violato le restrizioni e protestato contro il lockdown (l’immagine di copertina si riferisce a questo caso).
Dovremmo ricordare che le citazioni dei grandi pensatori liberali non servono solo a darsi un tono sui social, ma vanno messi in pratica, se ci si riconosce in essi.
“Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”
Evelyn Beatrice Hall