Travisato da alcuni giornali lo studio di Oxford sulla ridotta contagiosità dei vaccinati. Prof. Marco Cosentino: “Green pass poggia su assunto scientificamente infondato”.
“Covid, i vaccinati non contagiano come i non vaccinati (anche con le stesse cariche virali)”: è questo il titolo di un articolo del Corriere del 2 ottobre, ma per il professor Marco Cosentino quel pezzo è un “ottimo esempio i mezzi di informazione la comunicazione pubblica nostra spesso fraintenda male intenda”.
L’articolo si riferisce ad uno studio dell’Università di Oxford che, secondo quanto si legge su diverse testate, dovrebbe dare fondamento scientifico al green pass. Ma da un esame più approfondito le conclusioni a cui si giunge sarebbero un tantino diverse.
Andiamo con ordine.
Il professor Marco Cosentino è dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia, docente ordinario nella scuola di Medicina presso l’Università dell’Insubria di Varese ed è stato invitato, in qualità di esperto, ad intervenire il 7 ottobre scorso alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, impegnata all’esame dell’ultimo decreto legge sul Green Pass (D.L. n. 127/2021), in corso di conversione.
A proposito della certificazione verde ha affermato senza mezzi termini che la vaccinazione, così come l’avvenuta guarigione da Covid, non garantiscono la non contagiosità. Anzi, nel primo caso (vaccinazione) “è falso, semplicemente”.
Per quanto riguarda il secondo caso, non è adeguatamente documentato che chi ha avuto il virus non sia più contagioso. Solo il tampone, tra tutte e tre le vie per ottenere il green pass, potrebbe garantire, secondo il ricercatore, la non contagiosità.
Lo studio dell’Università di Oxford travisato dagli organi di stampa
Di recente, come ricordato, è stato pubblicato recentemente uno studio condotto dall’Università di Oxford, quello che secondo il Corriere e altre testate direbbe che i vaccinati non sono contagiosi come i non vaccinati e che dovrebbe costituire “una sorta di prova regina che dovrebbe giustificare l’impianto del pass”.
Il prof. Consentino considera questo studio estremamente solido e interessante, condotto da ricercatori estremamente qualificati, ma frainteso o mal inteso dai mezzi di informazione.
Il lavoro di ricerca è stato svolto su dati raccolti dal sistema sanitario inglese, prendendo in considerazione quasi 96mila casi di soggetti identificati come positivi al Sars-Cov-2 e sottoposti a tracciamento di contatto. Questi hanno avuto oltre 139mila contatti, di cui circa 59mila sono risultati positivi (il 37%)
“Quello che ricercatori hanno fatto -spiega il ricercatore- è stato studiare le caratteristiche che sono correlate a questo passaggio di positività, cioè alla contagiosità dei casi indice. Nei casi indice i vaccinati rispetto ai non vaccinati apparentemente contagiano nemmeno.”
Riduzione della contagiosità vaccinati: solo per 3 mesi
Prendendo in considerazione la variante Delta, oggi dominante, secondo lo studio la vaccinazione porterebbe ad una riduzione media del 50% della contagiosità (65% per i vaccinati Pfizer e del 36% per i vaccinati Astrazeneca), che per il docente rappresenta certamente un buon dato dal punto di vista medico ed epidemiologico. “Però -avverte- riduce del 50%, non la azzera.”
Ma cosa ancora più importante è che questa riduzione della contagiosità si perde dopo appena 3 mesi. “Questo studio ci dice chiaramente che dopo 12 settimane, quindi tre mesi scarsi, dalla vaccinazione -spiega il prof. Cosentino- non c’è più alcuna differenza nella trasmissione della variante Delta tra vaccinati e non vaccinati.”
Ed il green pass ha validità 12 mesi, mentre la minore contagiosità del vaccino dura appena 3 mesi, ossia quattro volte in meno. Vaccinati e non vaccinati, dunque, dopo 3 mesi sono uguali. Nei restanti 9 mesi di validità del green pass, i vaccinati non sono potenzialmente meno contagiosi dei non vaccinati.
Solo il 20% dei contagi avviene in luoghi pubblici. L’80% avviene in ambienti domestici
Altro aspetto degno di nota riguarda i contesti in cui avviene il contagio.
“I contatti che hanno portato ai contagi -osserva il ricercatore- si sono verificati per l’80% in ambiente domestico, solo per il 20% luoghi pubblici, solo il 10% sui posti di lavoro e a scuola. Davvero ci stiamo preoccupando dei luoghi pubblici, che rappresentano una minoranza delle situazioni in cui si verificano i contagi?”
Asintomatici positivi meno contagiosi, vaccinati o non vaccinati
Infine, “indipendentemente dall’essere o meno vaccinati, essere positivi asintomatici riduce la contagiosità del 39% verso la variante Delta, quindi tanto quanto un vaccino (Pfizer, ndr) o poco meno dell’altro vaccino (Astrazeneca, ndr) preso in considerazione, indipendentemente dall’essere o meno vaccinato.
In sostanza non è l’essere vaccinato a ridurre la contagiosità, quanto piuttosto la asintomaticità.
Conclude così il docente:
1) La vaccinazione riduce la contagiosità in media del 50% da un terzo a due terzi ma soprattutto per non più di due tre mesi questo va tenuto presente epidemiologicamente va tenuto presente sicurezza e sanità pubblica;
2) L’80% dei contagi si verifica ambiente domestico, solo il 20% in luoghi pubblici.
3) Positivi asintomatici, vaccinati o meno, sono contagiosi tanto quanto i vaccinati, ma nei primi due-tre mesi. Dopodiché i vaccinati tornano a essere uguali identici ai non vaccinati.
Quindi io credo che non si possa non condividere che l’assunto principale su cui si regge il pass, cioè che vaccinati non contagino è totalmente infondato, non è sostenibile. Le evidenze scientifiche, le evidenze cliniche non lo sostengono.
Di conseguenza, la mia conclusione, a mio modo di vedere, non può essere che salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, così come a scuola, in università, sui mezzi di trasporto, in qualunque altra sede, sono tutelate e promosse essenzialmente favorendo l’accesso libero ai tamponi, sottolineo di qualunque genere (salivari compresi, ndr), che per la verifica della negatività in soggetti in apparente salute garantiscono le migliori prestazioni.”