Ci stiamo preparando a trascorrere il Natale più divisivo di sempre, quello del “noi e loro”, con famiglie divise da chi ci ha messo gli uni contro gli altri.
Nel giorno in cui le famiglie si riuniscono, anche quelle allargate, l’atmosfera che si respira è tutt’altro che distesa. Meglio evitare certi argomenti, potrebbe accadere l’irreparabile. Potrebbero volare parole e far degenerare un pranzo o una cena di famiglia. Meglio salvare il salvabile.
Ma in altre famiglie la spaccatura è più netta, già i rapporti si sono incrinati e non ha più importanza nemmeno salvare le apparenze.
Abbiamo ceduto ai fomentatori e incitatori di odio, quelli in camice bianco, quelli politici, quelli della carta stampata e dagli intellettuali da salotto, che hanno lavorato per dividerci, che hanno stigmatizzato i non vaccinati, sdoganando ogni forma di insulto, anatema e discriminazione nei confronti di chi ha fatto una scelta legittima, libera, che riguarda esclusivamente la propria salute e che non incide in alcun modo su quella degli altri, spaccando famiglie e amicizie.
Abbiamo creduto a chi, pur fallendo miseramente nel fornire il proprio contributo alla lotta contro la pandemia, ha ripiegato sul moralismo e ha indicato un capro espiatorio da escludere, da lasciare fuori dalla porta, o peggio.
Abbiamo sperato in un lockdown o in restrizioni per soli non vaccinati, pur di vedere salva la nostra effimera e illusoria libertà di andare in un ristorante o a guardare un cinepanettone. Alla solidarietà verso chi subisce infondate discriminazioni ha prevalso l’egoismo di voler vedere riconosciuta qualche mezza libertà, anche se a pagarne ingiustamente il prezzo sono altri nostri concittadini, parenti e amici senza colpe.
Questa situazione prima o poi avrà una fine, ma le parole dette e quelle non dette, le azioni compiute e quelle omesse, non saranno dimenticate. La frattura sociale potrà essere insanabile, con delle amicizie compromesse per sempre e dei rapporti familiari difficili da ricucire.
Era da decenni che non si arriva ad una simile violenza di linguaggio ed una presa di posizione così feroce e oltranzista generalizzata nei confronti di una categoria di cittadini. Non sono immuni a questa macchia nemmeno rappresentanti istitituzionali, né soggetti deputati alla comunicazione di massa o religiosi che si professano ecumenici. Nemmeno nei confronti di terroristi, mafiosi ed efferati criminali ci si è mai spinti fino a questo punto, verso i quali, invece, ci siamo mostrati garantisti. A De Petris non è mancato un posto in Vaticano in cui giacere. Al terrorista Cesare Battisti di certo non sono mancati gli amici, anche tra giornalisti e intellettuali. Ci siamo stracciate le vesti per Riina e i boss in regime di 41 bis, perché il regime di carcere duro è contrario alla dignità del detenuto.
Ma i non vaccinati, gli “evasori vaccinali”, gli “opportunisti”, non meritano nemmeno dignità. Per loro serve “tollerenza zero”. “Vanno stanati” (Figliuolo docet). E’ giusto che perdano il lavoro e ogni fonte di reddito e dei diritti civili e sociali; è giusto che vengano esclusi da luoghi ludici e di cultura e dalla vita sociale. Anzi, non dovrebbero nemmeno entrare nei negozi, né usufruire del servizio mensa aziendale. Non si dovrebbe affittare a casa ai non vaccinati.
E le cure gratuite? Quelle vanno garantite a tutti, anche ai detenuti, sono un diritto universale. Ma ai non vaccinati no, loro se le devono pagare da soli. Il diritto universale può fare eccezione per loro. Ed anche il giuramento di Ippocrate non vale per questa categoria; ai tanti operatori sanitari che hanno condiviso la voglia di trovarsi un non vaccinato tra le loro mani, per fargli una flebo fuori vena, intubarlo senza anestesia, o peggio, si aggiungono medici che riserverebbero campi di sterminio e camere a gas per chi non si vaccina (Marianna Rubino e Giuseppe Gigantino).
Se anche le parole sono importanti, la condanna dovrebbe arrivare massiccia e unanime da parte di chi ha voce per parlare. E invece per il “divulgatore scientifico” Roberto Burioni i non vaccinati “devono restare agli arresti domiciliari e fare una vita da sorci”. Il giornalista “progressista” Andrea Scanzi si divertirebbe “a vederli morire come mosche mentre mangia pop corn”. Più “selvaggia” la Lucarelli, che vorrebbe vederli “ridursi a poltiglia verde”. Per il politico giornalista Giuliano Cazzola “i No Vax sono terroristi e vanno sfamati con il piombo” e c’è perfino chi prega Dio “affinché chi non si vaccina muoia velocemente” (Giovanni Spano vicesindaco di Villacidro).
Sono solo alcuni esempi di politici e giornalisti che usano un linguaggio, nei confronti dei non vaccinati, dello stesso tenore di quello usato dai nazi-fascisti nei confronti degli ebrei.
L’infondatezza di queste affermazioni, quanto l’ignoranza dei loro autori, sono state rimarcate da un articolo pubblicato il 20 novembre 2021 dall’autorevole rivista medica The Lancet, dal titolo “COVID-19: stigmatising the unvaccinated is not justified”, in cui si invitano “gli alti funzionari e gli scienziati a fermare la stigmatizzazione inappropriata delle persone non vaccinate, che includono i nostri pazienti, colleghi e altri concittadini, e a impegnarsi maggiormente per riunire la società”, in quanto i non vaccinati non sono una minaccia e che “ci sono prove crescenti che gli individui vaccinati continuano ad avere un ruolo rilevante nella trasmissione”.
Con questo clima che, con le nostra parole e con i nostro silenzi, abbiamo contribuito a creare, cosa abbiamo da celebrare in questo Natale? Quale segno di pace ci possiamo scambiare nel giorno in cui il mondo ricorda la nascita di chi abbracciò i lebbrosi, anziché segregarli? Quale credibile predica potranno fare, dal loro pulpito, quei preti che hanno rifiutato le funzioni religiose e impedito di far entrare nella “casa di Dio” i non vaccinati?