I dati sui contagi e sulla mortalità da nuovo Coronavirus (Covid-19) sono da “depurare” e non sono correttamente comparabili con altre esperienze. Un Report dell’ISS afferma che solo 12 dei pazienti deceduti non avevano patologie pregresse.
I numeri del nuovo Coronavirus che vengono diffusi quotidianamente non fanno che inquietare. Aumentano i contagi e le vittime, i cittadini sono col fiato sospeso, hanno paura e cresce il timore che la luce in fondo al tunnel sia ancora lontana.
Ma qual è il reale significato di questi numeri? Come andrebbero letti per avere un quadro corretto della situazione?
I dati ufficiali, aggiornati al 21 marzo, parlano di 53.578 contagi totali e un totale di 4.825 decessi. Tuttavia il numero reale di persone positive al Covid-19 è di gran lunga più alto, perché sono tante le persone asintomatiche o che sviluppano sintomi lievi che non vengono sottoposte a tampone. Sarebbero circa il 60% del totale.
Contagiati effettivi superiori a quelli ufficiali
A ciò va aggiunto che molto spesso persone che segnalano sintomi compatibili al nuovo Coronavirus, per le quali non si richiedono cure ospedaliere, vengono semplicemente invitate a restare in casa, magari con terapia antipiretica e antinfiammatoria, senza accertarne la positività. Si tratta di pazienti potenzialmente positivi al Covid-19, ma che non entrano a far parte dei contagiati ufficiali, perché la loro positività non è stata accertata, non essendo stati sottoposti a tampone.
Certo, potrebbero essere anche affetti da una forma influenzale o da una patologia di altra natura che attacca le vie respiratorie, ma senza esami obiettivi non è possibile né escludere né confermare. Il numero di casi effettivi si stima che possano essere di circa 5 volte superiori rispetto a quelli ufficiali.
Letalità Covid-19: dati da depurare
Al contrario, i dati ufficiali sui decessi sarebbero sovrastimati e andrebbero “depurati”, in quanto bisognerebbe accertare caso per caso se sia stato effettivamente il Covid-19 a determinare la morte del paziente, almeno per tutti quei pazienti con patologie pregresse.
Un compito non certo facile e immediato e tutte le risorse sono concentrate per fronteggiare l’epidemia più che a stabilire con certezza la causa esatta della morte di migliaia di persone.
Anche la Protezione Civile, quando comunica i dati ufficiali, precisa che il numero di pazienti deceduti a causa del Codid-19 ‘potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso’.
Il Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a Covid-19 in Italia pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aggiornato al 20 marzo 2020, basato sull’esame delle cartelle cliniche di 3.200 pazienti deceduti e positivi a Covid-19, sembra rappresentare una stretta relazione tra letalità del virus e la presenza di gravi patologie pregresse nel paziente.
Solo 12 pazienti deceduti non avevano patologie pregresse
Infatti, su 3.200 pazienti deceduti, ben 3.188 avevano almeno una patologia pregressa grave.
Le patologie più ricorrenti riscontrate sono Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Ictus, Ipertensione arteriosa, Diabete mellito, Demenza, BPCO, Cancro attivo negli ultimi 5 anni, Epatopatia cronica, Insufficienza renale cronica.
Quasi la metà di loro avevano 3 o più patologie pregresse, mentre solo 6 pazienti non aveva alcuna patologia, ossia l’1,6%.
Un’ulteriore dato conferma come la condizione clinica del paziente possa essere determinante nel decorso della malattia. Infatti nel Report si legge:
‘Durante il ricovero, l’84% dei pazienti deceduti COVID-19 positivi assumeva terapia antibiotica, meno utilizzata era la terapia antivirale (54%) e quella steroidea (31%). Il comune utilizzo di terapia antibiotica può essere spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o è compatibile con inizio terapia empirica in pazienti con polmonite, in attesa di conferma laboratoristica di COVID-19. Nel 18.6% dei casi sono state utilizzate tutte 3 le terapie.
Prima del ricovero in ospedale, il 36% dei pazienti deceduti COVID-19 positivi seguiva una terapia con ACEinibitori ed il 16% una terapia con Sartani (bloccanti del recettore per l’angiotensina). Questo dato può però essere sotto-stimato in quanto non sempre dalle cartelle cliniche era possibile evincere la terapia eseguita prima del ricovero.’
Sotto i 50 anni solo l’1,1% dei decessi
L’età media dei pazienti deceduti e positivi a Covid-19 è 78,5 anni, mentre le persone decedute di età inferiore ai 50 anni sono 36 (l’1,1% del totale), la quali già presentavano gravi patologie pre-esistenti (come patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità). Sono molto rari, invece, i casi di bambini positivi
Viene confermata quindi la pericolosità del virus per pazienti anziani e/o con gravi patologie. Il Report, in ogni caso, parla di pazienti deceduti positivi, senza affermare tuttavia l’effettiva causa (esclusiva o principale) del decesso dei pazienti esaminati.
Nel 2107 in Italia 11.000 vittime di polmonite
Le vittime di questi giorni causate dal nuovo Coronavirus fanno impressione, soprattutto perché qualcuno ce le ha fatte notare. Eppure, al momento, sono la metà rispetto alle vittime annuali di polmonite. Secondo i dati ISTAT, nel 2017 (dato più recente disponibile) le vittime di polmonite sono state circa 11.000.
Ad oggi tuttavia è prematuro confrontare i dati epidemiologici tra diverse patologie e tra diversi Paesi, perché i dati sono parziali e non omogenei e non tutti i Paesi adottano gli stessi criteri di raccolta ed elaborazione dei datti.
L’anomalia dei casi in Lombardia
E’ la Lombardia la regione che registra il maggior numero di casi di contagio e di mortalità. Dei 3.200 casi esaminati ben 2.175 erano pazienti lombardi, ossia il 68% del totale in tutta Italia. Segue l’Emilia Romagna (16,4%) e Veneto (4,3%).
Ad oggi sono state proposte diverse ipotesi per spiegare questa concentrazione di casi di nuovo Coronavirus in Lombardia, ma è un dubbio che al momento è ancora senza soluzione.