Cade la maschera. Il green pass non serve a contenere la diffusione del Sars-Cov-2, ma è una strategia per spingere le persone a vaccinarsi.
Cade la maschera, il green pass non serve a contenere la diffusione del Sars-Cov-2, non è una misura sanitaria, ma costituisce una strategia per indurre le persone a correre a vaccinarsi, attraverso un condizionamento della propria quotidianità.
Pur non essendo previsto un vero e proprio obbligo a sottoporsi a vaccinazione, il governo ha introdotto una sanzione indiretta per chi non vuole assumere questo farmaco.
Che non serva a fini sanitari il green pass lo si evince in maniera molto chiara dal fatto che il vaccino contro il Covid-19 non blocca la trasmissione del virus. Anche i vaccinati possono contrarre il virus e trasmetterlo, anche da asintomatici, al pari dei non vaccinati.
Pertanto questa misura non ha alcuna giustificazione medico-scientifica.
Anzi, paradossalmente, potrebbe portare a favorire il contagio, dando di fatto la possibilità ad un vaccinato, anche se potenzialmente positivo al virus, di circolare e frequentare luoghi pubblici. Il non vaccinato, invece, dovrebbe fornire la prova della negatività sottoponendosi al tampone.
Cristanti: “Dire che creiamo ambienti sicuri se tutti hanno il green pass è una fake news”
Di quest’avviso è anche il prof. Andrea Cristanti, che senza mezzi termini ha affermato, in trasmissione su La7, che “il governo sul Green pass mente e lo fa in modo pericoloso” e definisce “una fake news bella e buona” quella di “dire che creiamo ambienti sicuri se tutti al loro interno hanno il green pass”.
Ha smentito che si tratti di una misura di sanità pubblica come invece viene fatta passare, incalzando:
“È rischioso. Il Green pass viene millantato come misura per creare ambienti sicuri ma non ha senso, niente di più falso. Io non sono contrario all’utilizzo del green pass in senso lato, basta chiamarlo per quello che è. Non tollero l’ipocrisia del governo su questo. Se uno Stato vuol fare rispettare la legge deve comminare sanzioni molto chiare ma non può mentire”.
Tra l’altro, a proposito della chimera dell’immunità di gregge, quale obiettivo della vaccinazione di massa, Crisanti è stato perentorio:
“Che l’immunità di gregge fosse impossibile mi era già chiaro da tempo, adesso ne abbiamo la certezza”.
A che serve allora il green pass?
Il green pass è stato presentato come una misura per permettere agli “immunizzati” (mai parola fu usata in maniera così fuorviante) di illudersi di tornare liberi, per tornare a viaggiare, per tornare al 2019. Il tutto, peraltro, dopo un ulteriore inasprimento delle restrizioni ed una minaccia sostanziale di esclusione sociale di chi non si fosse vaccinato.
La strategia, per quanto arrogante e autoritaria, è semplice: o ti vaccini oppure rimani segregato a casa, non vai al cinema, ai concerti, ai musei; non vai al ristorante, non entri negli ospedali, non lavori, non entri nei mezzi di trasporto pubblici, ecc…
Maggiori sono i disagi, le privazioni, le perdite economiche, maggiore sarà la propensione a aderire alla soluzione proposta dall’Autorità pur di ritornare alla “normalità”.
Di fronte a questa prospettiva, sotto la minaccia di ulteriori limitazioni, se non privazioni, di alcuni diritti e libertà fondamentali, le prenotazioni per il vaccino in pochi giorni hanno avuto un balzo improvviso. Lo schema è quello del sequestro a scopo di riscatto o, se si preferisce, quello del “cavallo di ritorno”: pagare per riavere il maltolto.
Le limitazioni per chi è privo di green pass vanno chiamate col loro nome: sono delle misure punitive per chi non si vaccina, sono delle sanzioni irragionevoli.
Il governo ha così creato una forma di segregazione, per quanto costruita su basi fragili, con l’approvazione di buona parte della popolazione.
Questo lasciapassare mal si concilia con alcuni principi costituzionali, a partire dal divieto di introdurre discriminazioni irragionevoli (art. 3). La potenziale e grave incostituzionalità di questa misura merita un approfondimento a parte.
Certamente le discriminazioni introdotte vanno a confliggere direttamente con il “Considerando 36” del Regolamento n. 953/2021 dell’Unione Europea, che recita così:
“È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate.
Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.”
I “considerando” sono le motivazioni che portano all’emanazione di una direttiva o di un regolamento dell’Unione Europea. Pur non essendo delle norme giuridiche, questi forniscono dei precisi indirizzi interpretativi e ne costituiscono la cosiddetta “ratio legis”, ossia le intenzioni del legislatore.
I Regolamenti dell’Unione Europea sono direttamente applicabili anche nell’ordinamento interno e prevalgono sulla normativa interna. Ma in questo caso l’ormai consolidato tormentone “ce lo chiede l’Europa” non viene pronunciato e si fa finta di nulla. Anzi, nella traduzione italiana del Regolamento era stata inizialmente omessa la categoria delle persone che “hanno scelto di non essere vaccinate” tra quelle da tutelare contro le discriminazioni.
La foto di copertina è di Alessandro Di Marco – Ansa